La ricercatrice Luciana Nora su Dorando Pietri: ''Fascista sì, ma anche solo e sfruttato: non riesco a non volergli bene''

Nel libro di Fabio Montella “Fra violenze inaudite e bagliori di incendio. Conflitti politici a Modena e dintorni tra la guerra di Libia e la Marcia su Roma” (Mimesis 2021) ripreso in un servizio di Jenner Meletti per il Venerdì di Repubblica, viene citata come l'autrice di una intervista del 1985 nella quale Ondino “Nando” Miselli parlava di Dorando Pietri come di un fascista della prima ora, certo, ma – al contrario della ricostruzione fatta da Montella che accerta invece un coinvolgimento dell'atleta nello squadrismo – all'acqua di rose, utilizzato come autista del camion del quale gli squadristi del fascio carpigiano si servivano nelle loro spedizioni punitive per cui non avrebbe avuto parte attiva nell'uccisione di due giovani cattolici a Quartirolo la sera del 24 giugno 1921. Ma Luciana Nora, già responsabile della sezione etnografica dell'Archivio storico comunale, si limitò a raccogliere la testimonianza di Miselli che servì comunque a render noto per la prima volta questo risvolto della biografia dell'ex maratoneta. Sempre a lei, del resto, si deve la ripresa – nel catalogo della mostra “Dorando Pietri tra mito e realtà” allestita nel 2008 in occasione del centenario della Maratona di Londra – di un passaggio della Cronaca di Carpi di don Ettore Tirelli che cita Dorando Pietri fra i presenti a quell'episodio criminoso. Anche in quella che può essere considerata la ricostruzione più completa della vita e delle imprese sportive dell'atleta, il libro di Angelo Frasca “Dorando Pietri, la corsa del secolo” del 2007 si fa un esplicito riferimento alla sua iscrizione ai Fasci di combattimento avvenuta nel 1921 con la tessera n. 47.363. (continua sotto)

Dal canto suo, Luciana Nora conferma: «Quando mi sono occupata delle ricerche per la mostra del centenario, sono andata con la mano di velluto. Anche perché, oltre a Dorando utilizzato nel suo ruolo di garagista e autonoleggiatore, saltava fuori pure il nome di Vico D'Incerti: il che creava un certo imbarazzo. Ho sempre pensato che quel fattaccio (l'eccidio di Quartirolo, ndr) oltre alle sfortunate vicende economiche, sia stato una delle ragioni che lo indussero ad abbandonare velocemente Carpi già nel 1923. Il Dorando che lasciava la città – continua Luciana Nora – era un uomo deluso, abbandonato dai tanti che lo avevano osannato; abbandonato anche dalla Società ginnastica "La Patria" che aveva pesantemente censurato il suo professionismo e gli introiti che ne erano usciti (“utile dai piedi”, parafrasavano sarcastici i Carpigiani, a proposito della sigla “Udp”, Ulpiano Dorando Pietri incisa sulle stoviglie del Grand Hotel Dorando con garage, oggi sede di Unicredit, eretto in piazza Martiri dall'atleta con il fratello, culmine e baratro delle loro fortune economiche). Lo stesso fratello Ulpiano, che in città avevano soprannominato "Volpino", non poteva più spremerlo e le loro strade si divideranno senza più ricongiungersi. Insomma era un Dorando solo, minato nella salute quello che, per reazione o per forza, credette di poter ritrovare un ruolo nel partito fascista che sfruttò la sua immagine, ma assegnandogli sempre ruoli marginali. Anche per questo – conclude Nora – non riesco a non voler bene a questo personaggio».

 

E questa, al di là della giusta esigenza della storiografia di capire e far luce sui fatti, è anche la morale che si può ricavare dalla vicenda del Dorando fascista, estendibile a Vico d'Incerti, inventore e manager geniale con un passato giovanile nello squadrismo nero, che portò a Carpi la Magneti Marelli e, con essa, la matrice di tanti laboratori metalmeccanici sorti poi in città.

(nelle foto, Luciana Nora, Dorando Pietri a Sanremo sul finire degli anni Trenta e in un ritratto con la coppa della Regina dopo la Maratona di Londra, squadristi emiliani in azione)