Opas, Organizzazione Prodotto Allevatori Suini, ha chiuso il 2022 con un fatturato di oltre 360 milioni e un aumento del 15 per cento rispetto al precedente anno, impiegando 600 persone che vivono in città e in località limitrofe. Con oltre 1,2 milioni di capi processati all’anno Opas è anche la struttura di macellazione più grande del Paese; è la più certificata per l’export e per le vendite in Italia nonché per le Iso e il benessere animale. Un comunicato dell'azienda spiega che "...dallo stabilimento di Carpi provengono circa il 12 per cento delle cosce stagionate a Parma e il 19 per cento di quella stagionate a San Daniele”. segue
Spiega l’amministratore delegato Valerio Pozzi (nella foto): «Credo con convinzione che siamo anche un modello di gestione di chi opera quotidianamente nel nostro stabilimento e abbiamo una ricaduta sociale, non solo per i 600 lavoratori (persone di 26 differenti nazionalità), ma per la Città, la Provincia e la Regione Emilia Romagna, generando un indotto che stimiamo in un miliardo di euro. In Opas – prosegue Pozzi – il rispetto delle regole e delle persone è un dogma. In tema di manodopera, infatti, noi collaboriamo in modo costruttivo con le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale. Anche perché per le società che lavorano nel nostro cantiere, partendo dai Pig’s workers che sono gli ex dipedenti di Italcarni, passando per la storica Cfp che tutti conosciamo per la serietà fino alla Fanter, posso dire che oggi Opas è un modello organizzativo perfetto sostenuto dalle Organizzazioni professionali agricole Coldiretti Confagricoltura e Cia a cui sono iscritte tutti i nostri soci allevatori. Opas dialoga quindi – sottolinea con forza l’Amministratore delegato – solo con chi è firmatario del contratto collettivo nazionale: se ci sono richieste giustificate per migliorare l’ambiente di lavoro, Opas è pronta ad un confronto con chi ha una legittimazione reale poiché, come dice la legge, è comparativamente più rappresentativa dei lavoratori».
Il mondo della suinicoltura è oggi alle prese con una vera emergenza, come quello della Psa (la peste suina africana), portata dai cinghiali: un problema che non tocca minimamente la salute dell’uomo che consuma carne di suino, ma è un disastro dal punto di vista della fase agricola. L’emergenza è arrivata in provincia di Pavia con la scoperta di alcuni casi tanto che tutta la provincia produttrice è bloccata (significa circa 220 mila suini) e i capi non possono essere movimentati. Se la peste suina arrivasse nelle province di Brescia, Cremona e Mantova – cioè nel cuore produttivo suinicolo italiano – con il blocco degli animali, “...Opas – sottolinea la nota aziendale – non macellerebbe più e tutto il personale coinvolto dovrebbe essere messo in cassa integrazione. Inoltre, a cascata si bloccherebbero tutte le esportazioni delle Dop della Regione Emilia Romagna. Sarebbe una catastrofe per il settore e per l’industria di macellazione qui a Carpi. Il tema è, quindi, prettamente economico – conclude il comunicato – nel senso che Opas garantisce il prodotto che esce da Carpi perchè il macello subisce il maggior numero di controllo da parte di Enti e Istituzioni preposte: nel 2022 sono state 300 tutte superate brillantemente grazie ad un sistema di garanzie ineccepibile”.