Che il tessile abbigliamento carpigiano non attraversasse il momento più florido della sua storia lo sapevamo, ma il fatto che sia l’unico dei tre distretti tessili in Emilia a far segnare un “meno” nelle esportazioni rispetto al 2021 fa suonare un ulteriore campanello d’allarme sulla tenuta del nostro sistema. A certificare il dato negativo di Carpi è l’analisi periodica fornita dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo, secondo la quale prosegue la crescita delle esportazioni dei distretti dell’Emilia-Romagna, che nel primo trimestre 2023 risultano complessivamente in aumento dell’11,8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022, per un incremento dei flussi pari a 584 milioni di euro.
Un dato a cui non ha però contribuito il tessile-abbigliamento carpigiano, che ha anzi perso 62 milioni di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2022, per un meno 33,6 per cento nella bilancia dell’export. Meglio va agli altri due distretti della moda emiliano-romagnoli, e questo deve far riflettere: l’abbigliamento di Rimini ha aumentato l’export di +22 milioni di euro (+19,1%) grazie alle vendite in Russia (principale mercato di sbocco), Stati Uniti, Austria, Malta, Arabia Saudita, Filippine e Uzbekistan, mentre il distretto delle calzature di San Mauro Pascoli ha mostrato un dato positivo (+6 milioni, +11%), sostenuto da Russia, Spagna, Emirati Arabi Uniti e Turchia.
Guardando oltre l’abbigliamento, performance positiva per tutti i distretti della meccanica (ciclomotori a Bologna, macchine agricole a Modena e Reggio Emilia, food machinery di Parma, imballaggio di Bologna, meccatronica di Reggio), cinque su sette dell’agro-alimentare, i poli tecnologici di Reggio, quello dell’Ict regionale e quello del biomedicale di Mirandola mentre un segno meno arriva dal distretto ceramico di Sassuolo (-90 milioni pari all’8,1 per cento) e dal biomedicale di Bologna (-2,5 per cento). Ma rispetto al tessile carpigiano sono comunque dati positivi.
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