Fiera delle calzature a Mosca: il dibattito sulle sanzioni

di Gian Luca Nicolini*

Mentre la guerra prosegue senza la minima prospettiva che possa essere fermata, e mentre l'Ue continua a pensare a nuove sanzioni, si sono aperte in Italia forti discussioni sull'opportunità di partecipare alla fiera della calzatura "Obuv Mir" che si sta tenendo in questi giorni. Le aziende interessate hanno per lo più fatturati importanti in Russia e paesi limitrofi e senza le vendite in quei Paesi, avrebbero notevoli difficoltà a proseguire la loro attività, con conseguenti, possibili licenziamenti e chiusure.  Ci sono molte aziende che, a dispetto delle sanzioni o delle pressioni che ricevono dall'Ue e dai Paesi di origine, tornano ad aprire, quali Obi, Ikea, Zara. Un esempio italiano, la Buzzi Unicem, con stabilimenti in Russia ed in Ucraina, continua a essere operativa, malgrado ad aprile in Russia abbia avuto un calo del 20 per cento e in Ucraina siano chiusi dal 24 febbraio.

Guardare avanti, oltre le sanzioni, è fondamentale soprattutto per imprese presenti da vent'anni in quei Paesi. Il problema maggiore in questo momento sono i pagamenti via banca, siano essi tra aziende che tra lavoratori e le loro famiglie che vivono in Italia. Mentre Unicredit che ha proprie filiali in Russia, lavora in tempi certi e concreti, altre banche che ricevono pagamenti o bonifici dalla Russia spesso ritardano l'accredito per controlli che dovrebbero durare un paio d'ore e invece si protraggono per giorni o si rimanda al mittente il pagamento o versamento senza dialogare con nessuna delle parti. Oltre ai pagamenti, anche le spedizioni di ordini in Russia sono soggette a controlli notevoli ben più elevati rispetto ad altri Paesi. Spesso si trovano dei cavilli burocratici o degli pseudo codici doganali per essere segnalati o bloccati o messi in una black list che l'Ue senza dir nulla sta realizzando. Questo riguarda non solo le spedizioni per la Russia, ma anche per spedizioni ad altri Paesi quali Armenia, Kazakistan e persino Turchia, per la possibilità di triangolazioni altamente proibite da parte dell'UE. E non stiamo parlando di prodotti sotto embargo, ma normali come potrebbero essere l'abbigliamento o la pasta. Persino spedire un telefono cellulare può richiedere molti documenti e accertamenti a livello doganale.

 

In compenso, dall'altra parte dell'oceano aziende Usa possono avere delle deregolamentazioni ad hoc dagli uffici preposti per esportare le merci in Russia, anche attraverso società partner in Europa: e questo fa ancora più male a coloro che "combattono" da noi contro tutte le regole che vengono imposte.
In un lungo editoriale del New York Times dello scorso 22 aprile, viene spiegato perché le sanzioni non hanno funzionato e non funzioneranno soprattutto come strumento di pressione su regimi autoritari e non sono in grado di cambiarne il comportamento: l'adeguatezza della politica di pressione sanzionatoria nei confronti della Russia è messa insomma in discussione. Si pone quindi, il problema di come uscire dalla guerra delle sanzioni in futuro, ma servono intelligenze preparate, discussioni appropriate. Le prese di posizione dei politici attuali, inclusi alcuni media, al contrario, sono ben distanti dalla realtà del vivere quotidiano e ancora di più, da una visione futura del ruolo dell'Europa nel contesto mondiale.

* operatore commerciale carpigiano a Mosca