I numeri di Confindustria Moda sull'Italia e quelli del Sole 24 Ore su Carpi due facce della stessa medaglia

Da un lato i numeri confortanti e le prospettive emerse da uno studio di Confindustria Moda e Censis sul comparto italiano tessile-moda-accessori, dall’altro il cambio di pelle del polo carpigiano raccontato dal Sole 24 Ore attraverso l’ultimo rapporto dell’Osservatorio sul distretto. Due facce di una stessa medaglia che parla di centralità di made in Italy, export, reshoring e, soprattutto, qualità. 

Lo studio "Il valore del settore moda nell’economia e nella cultura" presentato a Roma da Confindustria Moda e Censis conferma come il tessile-moda-accessori sia un fiore all’occhiello del made in Italy: rappresenta infatti la seconda industria italiana per numero di occupati e guida la graduatoria settoriale della Ue per valore aggiunto (21 miliardi di euro). Con 93 miliardi di fatturato nel 2021, di cui 68 ricavati dai mercati stranieri (40 da quelli extra europei), il settore a livello nazionale non solo è vivo e vegeto ma anche sano.  

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Un dato che stona però almeno parzialmente con la fotografia del distretto carpigiano scattata dal Sole 24 Ore, che nell'articolo dal titolo"Il polo della moda di Carpi corre verso l’alto di gamma". Il quotidiano di Confindustria riporta che negli ultimi cinque anni le imprese del nostro territorio sono scese da quasi 800 a 596 e gli occupati si sono ridotti del 20 per cento (oggi sono 5 mila 425). Ma non tutti gli indicatori sono negativi, e raccontano tendenze interessanti. “Il polo della moda di Carpi sta cambiando pelle”, scrive infatti il Sole, analizzando attraverso i numeri che quello che una volta era un distretto che si alimentava con una catena di subforniture tutta made in Carpi è oggi rivolto all’esterno, in particolare verso i grandi marchi presenti in regione, in Italia e all’estero. E con il mercato sono cambiate anche le aziende: le piccole, che rappresentano comunque ancora il 70 per cento del tessuto produttivo locale, contribuiscono però solo al 7,6 per cento del fatturato del distretto. Il resto è appannaggio delle poche e note realtà più grandi, con quelle che vantano più di 50 dipendenti che contribuiscono ad oltre il 77 per cento del business. E sono sempre i grandi player a guidare le esportazioni (73,4 per cento del totale), anche se è ancora troppo poco: il valore dell'export è infatti fermo al 34 per cento del totale, in controtendenza quindi con quanto avviene nel settore a livello nazionale. 

«Dobbiamo spingere su internazionalizzazione e formazione, dobbiamo lavorare per rafforzare le imprese più piccole – commenta al Sole Stefania Gasparini, vice sindaco di Carpi –. La strada della qualità che hanno imboccato le aziende è un passaggio obbligato. L’alternativa è quella di morire schiacciati dalla concorrenza».