Vittorio Cianci (Lart), sull'Osservatorio tessile: un marchio di qualità intrinseca e certificata per rilanciare il settore

Sulla tredicesima edizione dell'Osservatorio del tessile-abbigliamento del distretto di Carpi, presentato nel novembre scorso, abbiamo voluto raccogliere il parere di Vittorio Cianci, ingegnere, titolare del Laboratorio Analisi e Ricerche tessili (Lart) di Carpi, da anni impegnato sul fronte del rilancio del settore, a partire dalle certificazioni, dalla ricerca su materiali e fibre innovativi.

Ingegnere, qual è la sua impressione complessiva sull'Osservatorio, atteso da quattro anni?

«L'analisi di Daniela Bigarelli presenta un quadro negativo, con imprese calate, addetti diminuiti, fatturato sceso in modo significativo e preoccupante. Non è sufficiente, però, continuare solo a diagnosticare la malattia che ha colpito il distretto tessile o piangere su un malato considerato, a mio avviso ingiustamente, ormai terminale»

E qual è a suo parere la cura più urgente?

«E' necessario e doveroso da parte delle istituzioni (Comune, Camera di Commercio, associazioni datoriali) suggerire e dare delle indicazioni concrete e supportate economicamente, tenendo conto della specifica cultura del distretto. Gli enti locali, le associazioni e tutti gli attori del territorio devono investire oculatamente le risorse a disposizione e non utilizzarle ad altri scopi...»

Quali, per esempio?

«Le decine di miliardi di lire investiti a suo tempo nei centri di servizi supportati da tali enti che non hanno lasciato tracce significative; i progetti largamente finanziati senza alcun riflesso significativo sulle attività del settore; corsi di formazione che non hanno risvegliato forti interessi verso il settore, mentre le università della moda hanno scelto altri lidi»

Si ripropone il quesito: e allora, da dove si riparte?

«E’ ora di risvegliare il distretto, o meglio gli enti locali e le associazioni dal lungo sonno, di sedersi attorno a un tavolo e investire le risorse a disposizione in modi decisamente diversi, produttivi e soprattutto nuovi rispetto al passato. Al momento da quanto si vede si sta procedendo con la stessa logica del passato. Per quanto riguarda il sottoscritto,  ho già avanzato da molti anni  in molte sedi delle proposte concrete mai prese in esame»

Vogliamo elencarne alcune?

«Il green marketing, vale a dire certificare i capi delle collezioni delle aziende interessate esportatrici attraverso delle analisi di laboratorio, in modo da garantire il rispetto delle variabili ecologiche e applicare ai capi della collezione un marchio ecologico. La certificazione ecologica sarà gratuita per i campionari e a un costo concordato agevolato per  i capi di produzione. E sostenere il tutto con campagne per promuovere il marchio ecologico all’estero»

Lei ama spesso richiamare il posizionamento su produzioni di qualità. Come va aggiornato, oggi, il concetto di qualità?

«Nel senso di fornire una valutazione scientifica delle prestazioni funzionali dei capi delle collezioni delle aziende interessate esportatrici, in modo che la qualità sia davvero certificata. Tanto più che la certificazione qualitativa viene fatta gratuitamente per il campionario e a un costo contenuto per i capi di produzione»

Le altre sue proposte?

«Creare a Carpi un centro unico di ricerca tessile (utilizzando i due centri già esistenti), possibilmente ancorato alla nascente università e sostenere la filiera territoriale della canapa. Per le fibre naturali, poi, non si sta facendo nulla per cui guarderei con attenzione alla proposta avanzata dal comitato Pro Canapa che Carpi si candidi a diventare la capitale della ricerca/sperimentazione e della lavorazione dei tessuti realizzati con fibre naturali. Aggiungerei il controllo e la certificazione di qualità dei capi prodotti nel distretto investendo sui laboratori tessili già esistenti e promovendo un marchio ecologico certificato del distretto, secondo degli standard riconosciuti che certifichino la non tossicità dei capi in aggiunta al rispetto dell’ambiente e della sostenibilità...»

Una sorta di etichetta carpigiana?

«Entro il 2030 i prodotti tessili immessi sul mercato dell’Ue devono essere durevoli, riciclabili, non inquinanti, fatti il più possibile di fibre naturali, fibre riciclate, prive di sostanze pericolose e prodotte nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente. Le fibre naturali rientrano perfettamente in queste richieste e Carpi può progettare una nuova etichetta da applicare ai capi per la progettazione ecologica dei prodotti sostenibili che indichi la durata del prodotto, la sua affidabilità, la sua efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse, la biodegradabilità e il rispetto dell’ambiente e dell'uomo»

Ma un marchio Carpi Qualità fu già sperimentato verso la metà degli anni Ottanta e non finì bene...

«Sì, ma questa volta non si tratta solo di qualità-moda: le norme internazionali sulla sostenibilità richiamano responsabilità precise. I produttori carpigiani, con l'etichetta che propongo, potranno assumersi la responsabilità dei loro prodotti lungo la catena del valore, nel senso di durevoli nel tempo e progettati per il riutilizzo, possibilmente naturali anche se più costosi, e sostenibili, anche quando diventano rifiuti, perché l’incenerimento e lo smaltimento in discarica dei tessili deve essere ridotto al minimo»

Ci si arriverà mai?

«In ultima analisi sarebbe interessante  raccogliere imprenditori, Enti locali, associazioni per riflettere sugli errori del passato, per evitare di ripeterli, per utilizzare al meglio le risorse, per dare un aiuto concreto alle aziende con nuove idee, per promuovere la ricerca vera, per fare delle formazione utile, per potenziare i laboratori tessili già operanti con successo. E promuovere così progetti nuovi, concreti e soprattutto utili che incentivino le vendite»