Il cibo tra piacere e salute

Le statistiche sono impietose: della popolazione che attualmente vive sulla nostra Terra, più della metà si trova in stato di “sottoalimentazione”, in gran parte una sottoalimentazione grave o gravissima, un 30 per cento se la cava come può ma non è “grasso che cola”, solo il 20 per cento della popolazione mondiale (quella che ha avuto la fortuna di nascere nell’occidente industrializzato) non solo se la spassa (dal punto di vista alimentare) consumando più di metà della torta alimentare globale, ma addirittura si può permettere di sprecare cibo per quantitativi astronomici e per importi miliardari. Nell’occidente industrializzato, tuttavia, si va facendo largo una visione più rispettosa dell’ambiente per quanto riguarda il cibo anche perché ci si sta rendendo conto che un consumo smodato di alimenti, una sovra alimentazione consumistica e frivola, risulta dannosa alla salute mentre sani e sobri stili di vita (che comprendono il movimento fisico e una alimentazione equilibrata) possono essere di notevole giovamento su vari fronti, anche quello delle aspettative di vita. Che poi questa sensibilità nuova nei confronti del cibo venga declinata in svariati modi è un dato di fatto: si va dai cultori della “dieta mediterranea” a quelli della dieta vegetariana più o meno spinta, dagli estimatori dei cibi biologici e macrobiotici ai cultori della dieta vegana che ha messo al bando ogni prodotto alimentare di derivazione diretta o indiretta dal mondo animale, forse più una filosofia di vita che non una dieta in senso stretto. Ecco, di tutto ciò che sta fra i poli opposti dell’opulenza e dello spreco alimentare fine a sé stesso e del cibo come componente anche psicologica di una vita dedicata alla cura dell’ambiente e della sostenibilità (mode o tentativi veri di preservare la salute?) abbiamo parlato nel secondo appuntamento de “Gli aperitivi di Voce” svoltosi nella redazione di via Catellani alla presenza di un pubblico particolarmente attento e ricettivo che ha interloquito sia con i relatori che con il conduttore dell’incontro per una serata di approfondimento che riteniamo sia servita a fornire qualche chiarimento a chi si accosta in modo critico al proprio tipo di alimentazione. Intanto i relatori, tre personaggi noti nel loro settore e complementari per il nostro discorso: Gianluca Bergianti, agricoltore biodinamico, ideatore di Terrevive, una azienda agricola di 16 ettari a Gargallo interamente votata al metodo di coltivazione biodinamica; poi la brillante Martina Toschi, biologa e nutrizionista, esperta dal punto di vista scientifico di alimenti e di alimentazione, che è stata un poco l’ago della bussola dell’incontro; e infine Sandro Santolin, inventore e propugnatore del pane Primus, un “pane vivo” realizzato con grani antichi e lievitato con fermenti derivati da pasta madre acida.

Comiciamo con la scienza, Martina Toschi, una Nutrizionista che svolge un’attività con risvolti psicologici. Che cosa vuol dire?

Toschi - «La parte emotiva e psicologica è fondamentale in ogni dieta. Nella dieta, infatti, a meno che non sia dettata da condizioni patologiche specifiche che non lasciano spazio al fattore emotivo, quando la si fa per perdere peso e recuperare una linea perduta, l’atteggiamento psicologico è fondamentale per determinarne la riuscita o meno. Se non siamo motivati, la dieta può essere anche perfetta dal punto di vista nutrizionale, ma comunque non la seguiremo dopo un po’ perché il risvolto psicologico ha proprio quella funzione lì. È importante che il nutrizionista capisca bene l’importanza di tutto ciò: preferisco a volte dilazionare l’approfondimento di una dieta, in modo che il paziente possa effettuare un percorso di autocontrollo emotivo. La semplice prescrizione, il controllo con il nutrizionista una volta al mese non bastano. Magari serve all’inizio, per avviare il dimagrimento che spinge a continuare ma mano a mano che diventa più costanti. Ma una persona emotivamente più compromessa la dieta, dopo un poco, la lascia lì»

È un dato di fatto che l’alimentazione di oggi ti porta a ingrassare; una dieta vegana o biologica aiuta ad alleggerirsi? Toschi – «Nel senso di dimagrire? Il dimagrimento è dato da un conteggio calorico, quindi si può dimagrire con diversi tipi di diete. È che bisogna farlo nel modo giusto: non è che la vegana faccia diventare più magri della dieta mediterranea. La scelta, sovente, dipende più dalle convinzioni etiche delle persone. In ogni caso, se lo si vuole, è possibile dimagrire con qualsiasi opzione»

Il problema però è dimagrire o mangiare meglio? E l’equivalenza fra mangiare meglio e biologico è sempre valida o no? Gialuca Bergianti produce nei suoi sedici ettari alimenti biologici. E mangiare biologico significa mangiare sano? Bergianti – «Mettiamo i puntini sulle i. Non faccio prodotti biologici ma biodinamici. C’è una differenza sostanziale. La biodinamica è una tecnica agronomica. Quelle che usano oggi gli agricoltori sono le più svariate. La più diffusa è il metodo convenzionale: do di tutto e di più, quello che mi pare e quando voglio. Vale per il 95 per cento delle aziende italiane. Poi c’è la lotta integrata, la campagna amica, che fa più o meno la stessa cosa, ma con un nome più elegante. Poi c’è ancora il biologico, nato con presupposti bellissimi alla fine degli anni Settanta-primi Ottanta con disciplinari importanti. Io credo nella certificazione biologica, ma ultimamente sta diventando molto a maglie larghe perché c’è un business nel biologico, il suo fatturato in Italia segna un più 20 per cento e queste maglie larghe hanno lasciato entrare nel biologico tecniche che all’inizio non erano ammesse. Poi, finalmente, c’è la biodinamica, molto moderna nel nome, ma in realtà la più legata alla tradizione della terra. Noi biodinamici che cosa facciamo? Consideriamo il terreno un organismo vivente, un patrimonio da conservare, non una risorsa da sfruttare. Quindi il principio è quello della fertilità della terra: se non preservo questo patrimonio in pochi anni ho un parcheggio, non un terreno agricolo vivo. Non possiamo usare prodotti di sintesi: dunque, no pesticidi, no diserbanti, tecniche di coltivazione rivolte al rispetto del terreno per cui anche le attrezzature sono diverse. Noi non usiamo l’aratro e produciamo cibo atto a nutrire, oltre che a sfamare. La differenza fondamentale è questa qua. Un cibo sano secondo me nutre, non sfama soltanto, mentre la gente nella maggioranza dei casi si sfama. C’è molto da fare perché il consumatore non è assolutamente preparato a questo» 

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