Sarà presentato venerdì il libro di Roberto Franchini sulla musica nei campi di concentramento nazisti

La musica di Auschwitz ad Habitat Soliera

Dopo averlo presentato a Carpi, a Correggio e in altri Comuni del modenese, lo scrittore e giornalista Roberto Franchini (nella foto) proporrà il suo libro "L'ultima nota. Musica e musicisti nei lager nazisti" anche ad Habitat, la casa della cultura di Soliera, venerdì 28 gennaio alle 21. L’iniziativa fa parte del programma che il Comune di Soliera e la Fondazione Campori dedicano alla celebrazione del Giorno della Memoria, in collaborazione con l’Università della Libera Età Natalia Ginzburg, l’Istituto storico di Modena, Anpi Soliera e Arci Soliera.

Introdotto per l'occasione dalla direttrice dell’Istituto Storico di Modena Metella Montanari, Franchini racconterà come ad Auschwitz, Terezin, Buchenwald e Dachau si facesse musica per molti motivi. Le SS imponevano ai prigionieri di accompagnare le torture, le marce verso il lavoro o le camere a gas con brani strumentali. "Le piccole o grandi orchestre allestite nei lager - commentano gli organizzatori della serata -servivano per intrattenere gli aguzzini nel fine settimana o per sostenere la propaganda nazista. Nei campi di sterminio si incontrarono musicisti di grande valore che riuscirono a produrre opere di notevole qualità. Non c’erano solo gruppi impegnati nell’esecuzione di brani di musica classica, ma anche musica da camera e jazz “che mattino, mezzogiorno e sera accompagnavano la partenza e il ritorno dei Kommandos, le squadre di lavoro”. A volte la musica aveva un ruolo spettrale e in netta contraddizione con le atrocità compiute nel campo; serviva a camuffare quanto stava accadendo. Nel lager di Treblinka, ad esempio, Chil Raichman, uno dei pochi sopravvissuti, racconta che, ascoltando quelle note, “all’arrivo del convoglio nel lager, le persone erano convinte che non sarebbe stato fatto loro alcun male”. La musica faceva da colonna sonora del dolore o della speranza, dell’angoscia o della resistenza psicofisica degli internati, dai musicisti agli ascoltatori, nei vari lager in un Paese in cui a quei tempi vigeva l’assurda contraddizione fra “la musica vietata” come quella dei compositori di origine ebraiche e la musica “imposta” nei campi di concentramento".