Si sta rianimando l'area industriale di via Guastalla

Il “deserto industriale” tra le vie San Giacomo e Guastalla e imperniato su via Tolomeo, pare si stia rianimando. Al Comune sarebbero infatti arrivate richieste di permessi di costruire su lotti inedificati o dove sorgevano capannoni rimasti incompiuti: il che potrebbe trasformare l'area da simbolo delle difficoltà del sistema produttivo della città a segnale di una nuova capacità di Carpi di attirare investimenti.

La vicenda della cosiddetta “area industriale di via Guastalla” affonda le proprie radici nella storia urbana dell'ultimo trentennio. Si era infatti alla metà degli anni Novanta quando in città era ben altro il clima che si respirava circa il suo futuro industriale. All'epoca era in piena discussione il Piano regolatore destinato a essere adottato nel 2000. Una delle lamentele ricorrenti era la scarsità di aree produttive che costringeva molte aziende, interessate a investire a Carpi, a indirizzarsi invece verso le aree industriali dei Comuni vicini. La messa a disposizione dell'area ex autotrasportatori era stata considerata insufficiente per la poca appetibilità della sua localizzazione. E proprio allora si fece strada l'idea di adibire allo scopo i trenta ettari compresi tra via Guastalla, via San Giacomo e l'A22, il futuro comparto D2. Sarebbe stato tuttavia necessario attendere il 2003 perché il Consiglio comunale adottasse il “piano particolareggiato della zona di trasformazione produttiva-industriale” presentato da diversi privati proprietari, dalla Aemme Immobiliare di Carpi e dalla Emildocks di Milano subentrata alla Edilmontanari di Modena, prima acquirente di terreni nell'area a nuova destinazione. Alla scadenza, nel 2013, la Emildocks, in quanto proprietaria lottizzante e titolare della convenzione, presenterà poi una richiesta di proroga di cinque anni del piano, elencando diverse difficoltà incontrate per il suo completamento. Di fatto, solo il 60 per cento dei lotti, per lo più quelli affacciati sull'autostrada, era stato venduto. E le ragioni addotte dall'immobiliare erano soprattutto due: il mutato clima economico e gli effetti del sisma del 2012. Non citava, fra le cause, quella forse più rilevante: la trasformazione da artigianale a industriale del cosiddetto Pp11 tra via Lama di Quartirolo, via Molise e il canale Cavata, esattamente al polo opposto della città, con terreni a uso produttivo offerti a prezzi molto più convenienti di quelli, peraltro considerati esosi e fuori mercato, della società milanese.

Sarà anche questo, dunque, a far tramontare i progetti di Emildocks, messa in liquidazione e poi dichiarata fallita dal Tribunale di Milano nello stesso anno, il 2018, di scadenza della proroga, con chiusura definitiva della pratica nel giugno dello scorso anno e messa all'asta dei lotti che le appartenevano. La convenzione del piano è scaduta, ma essendo stato attuato il 40 per cento delle opere di urbanizzazione, acquisite dal Comune nel 2010, i lotti sono ancora disponibili per l'edificazione o i completamenti, a condizione che questo avvenga nel volgere di tre anni dall'assunzione del Pug, ovvero entro il 2025. E sull'area si ha notizia che si sia riaccesa l'attenzione, lasciando intravedere una ripresa di attrattività. Soprattutto se un giorno verrà davvero realizzato il sottopasso, questione annosa, che permetterà di far proseguire via dell'Agricoltura oltre il cavalcavia di via San Giacomo sull'autostrada, facendone una ulteriore tangenziale, la terza a ovest, verso il casello.