Siamo nati nello stesso giorno, anche se in anni diversi, il poeta turco Nazim Hikmet e io. Ne sono stata sempre un po’ emozionata. Il “caso” mi pareva spingere verso questo poeta dalla folta chioma rossa, dalla vita eroica, avventurosa e tribolata, sentimentalmente molto ricca. Quattro mogli non sono uno scherzo... Vita sempre vissuta in un intenso impegno civile e politico. Quando nascevo, lui era in prigione nelle carceri turche, pessima situazione anche adesso, figuriamoci nel 1948. E scriveva “Angina Pectoris”.
ANGINA PECTORIS
Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore,
l’altra metà sta in Cina
nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
E poi ogni mattina, dottore,
ogni mattina all’alba il mio cuore lo fucilano in Grecia.
E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
quando gli ultimi passi si allontanano dall’infermeria
il mio cuore se ne va, dottore,
se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
E poi sono dieci anni, dottore,
che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
niente altro che una mela una mela rossa, il mio cuore.
È per tutto questo, dottore, e non per l’arteriosclérosi,
per la nicotina, per la prigione, che ho quest’angina pectoris…
Guardo la notte attraverso le sbarre e malgrado tutti questi muri
che mi pesano sul petto il mio cuore batte con la stella più lontana.
(traduzione di Joyce Lussu)