La sfortuna esiste. La scalogna, la sfiga: sono reali. E io ho le prove: le mie canottiere. Quelle bianche, da muratore. Le metto da quando ero bambino. In quarant’anni sono cambiate tante cose, ma il mistero delle canottiere è rimasto immutato. Ogni volta che ne prendo una dal cassetto, per indossarla, accade sempre la stessa cosa: la infilo e mi accorgo che l’etichetta è dalla parte sbagliata. Una maledizione che si ripete ogni volta. Inevitabilmente. Dovunque l’afferri, comunque la giri: alla fine mi ritrovo sempre col il davanti dietro. Per dare una base scientifica al fenomeno e trasformare questo mistero in una legge della malasorte, la settimana scorsa ho fatto un esperimento, come si dice, sul campo. Ho preso tutte le canottiere dal cassetto – una quindicina – e le ho gettate sul letto. Per sicurezza le ho mischiate un altro po’, poi ho cominciato ad infilarle. Una dopo l’altra, senza pausa: sfidando il calcolo delle probabilità, per definizione tendente al pareggio. Fino all’inequivocabile verdetto: 12 su 15 erano a rovescio. Mi sono seduto sul letto a contemplare il mio triste destino. Quando mi dicono che non può andare tutto storto, penso alle mie canottiere: tre, in effetti, le ho infilate per il verso giusto. E mi convinco che forse il problema non sono loro: devo essere io, che continuo a girarmi dalla parte sbagliata.
3 Marzo 2016
La prova della sfiga
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