Arriva il circo: ''bestie feroci'' addio

Senza spingersi molto lontano nel tempo, anche un padre o una madre diciamo intorno ai quaranta, ricorda che quando erano bambini e a Carpi approdava il circo – come sta accadendo anche in questi giorni – l'anteprima della visita alle gabbie delle “bestie feroci” era un rito irresistibile. Lo sapevano bene i gestori dei circhi medesimi che sfruttavano proprio la curiosità infantile di vedere da vicino gli animali per attirare i genitori allo spettacolo della sera. Via dunque, mano nella mano – non si sa mai – a sfilare in quell'odore inconfondibile di paglia e selvatico davanti alle gabbie rassicuranti dentro le quali si agitavano orsi bruni in moto perpetuo; leonesse e tigri dal passo felpato che si spostavano con sussiego da uno spigolo all'altro della gabbia; leoni al contrario perfettamente immobili e accucciati a osservare con nobile distacco lo scorrere di quella folla di bipedi adulti e piccini; scimmie nevrotiche saltellanti da un ramo all'altro di alberi anch'essi ingabbiati. Più avanti, liberi dalle sbarre, ma accuratamente recintati, c'erano i cammelli ruminanti verso l'alto con curiosi movimenti orizzontali delle mandibole; gli elefanti trattenuti alla zampa da una catena che davano l'impressione di poter spezzare non appena avessero deciso di sottrarsi a un'endemica pigrizia; le giraffe imperturbabili nelle loro altezze a strappare foglie dagli alberi quasi a dar ragione a Darwin circa l'origine protesa di quei colli così lunghi. Di rado capitava di vedere rinoceronti che, con quella loro aria di antico quasi fossile, parevano provenire direttamente dal Pleistocene. E con molta circospezione ci si avvicinava alle casse vetrate dove strisciavano quegli animali un tantino sgradevoli alla vista che sono i rettili. La curiosità mista a paura dei bambini di trenta, quaranta, cinquant'anni fa era la forza motrice di quell'attrazione, il traino che induceva nonni e mamme e papà a cedere per fare loro piacere. (segue sotto)

Ma oggi? Oggi un nonno, una mamma o un papà che credesse di compiacere il nipotino o il figlio, proponendogli di accompagnarlo a vedere le “bestie feroci”, in carne e ossa e non in tivù su National Geographic, si sentirebbe rispondere: ma sei matto? Non vedi quanto soffrono? Non capisci che quegli animali sono prigionieri, sottratti al loro ambiente naturale? E il circo, che li sfrutta per fare divertire quelli come te, caro nonno o mamma o papà, è uno spettacolo ignobile che dovreste imparare, voi adulti, a boicottare. Come sta accadendo anche con il digitale, le nuove generazioni stanno impartendo insegnamenti alle vecchie, sovvertendo valori e abitudini. Ecco: se c'è un segnale che la consapevolezza ambientalista, anche con qualche tratto di integralismo, ha fatto breccia nella cultura e nel costume e che i tempi si sono rivoltati, questo lo si coglie agevolmente a proposito dei circhi e delle “bestie feroci”. Le cui gabbie, senza più visitatori, sono destinate a rimanere irrimediabilmente vuote: di animali, ma anche di esotico, di senso del remoto e della diversità, se non toccati con mano – meglio non arrischiarsi – quanto meno respirati e, soprattutto, odorati.