Società e Pochesci: salvare il Carpi whatever it takes

di Enrico Ronchetti

Il licenziamento di Sandro Pochesci è apparso fin da subito inspiegabile per la maggior parte dei tifosi biancorossi e anche noi avevamo palesato le nostre perplessità. Principalmente per il fatto che le cose sul campo - che nel calcio è quasi tutto - stessero andando bene e che il tecnico avesse la squadra “in mano”. Le sei gare dell’interregno Foschi hanno purtroppo confermato questi timori: probabilmente non solo per colpa del tecnico reggiano, il Carpi è diventato una squadra senza capo nè coda, incapace di difendere ma anche di offendere. Ha cioè perso la propria identità di squadra d’assalto, garibaldina, spesso anche eccessiva come spesso eccessivo è anche colui che l’ha plasmata: Sandro Pochesci.

Oltranzista sul campo, dove guarda sempre e solo avanti, e anche fuori, dove dalla sala stampa alle sale riunioni ha sempre dimostrato di essere uomo poco avvezzo ai compromessi. Ora, non sappiamo quali siano le condizioni su cui questo matrimonio si è ricomposto, probabilmente ognuna delle due parti - date per parecchio distanti nel periodo di separazione - ha dovuto fare un passo indietro o comunque accettare qualche compromesso, ma siamo convinti che se c’è un modo per tirare fuori il Carpi dall’inferno in cui è sprofondato, questo sia riaffidarlo a Pochesci. Un tecnico troppo diverso dagli altri per pensare di poterlo sostituire in corsa senza pagare dazio perdendo identità e “senso”. Al Carpi è accaduto, ora prova a metterci una pezza. Il tempo e le partite perse non torneranno indietro, ma c’è ancora tempo per salvare questa folle stagione e di conseguenza dare un futuro nel calcio professionistico alla società.

Ora dirigenti, allenatore, squadra e tifosi dovranno remare tutti insieme fino al raggiungimento dell’obiettivo, poi a giugno ognuno farà le proprie valutazioni e le proprie legittime scelte. Ma col Carpi ancora in Serie C. Come ebbe a dire Mario Draghi: “whatever it takes”, costi quel che costi.