Due Ponti e via Pola: l’indignazione a scoppio ritardato

Pronta a protestare quando appaiono le ruspe o si interviene sulle alberature: ma dove stava l’opinione pubblica cittadina, quella delle petizioni e dei comitati, quando venivano prese le decisioni? 

Si prenda il caso di via Due Ponti, riportato alla pagina precedente. Non sappiamo se all’origine del deperimento di alcuni esemplari di farnie del filare che delimita il comparto in costruzione vi siano stati, fra le altre cause, anche i lavori di urbanizzazione dell’area. La perizia fitopatologica che il costruttore ha affidata a uno studio tecnico tenderebbe a escluderlo, anche se riconosce che vi potrebbero essere effetti nel volgere di tre o cinque anni. 

Quel che tuttavia si vorrebbe far presente è che il piano particolareggiato dell’area di 26 mila metri quadrati posta a nord di via Due Ponti, con la sua previsione di 99 alloggi per una popolazione di circa 270 abitanti venne approvato dal Consiglio comunale nel dicembre 2006. Il disegno era chiaro e si capiva benissimo che le costruzioni avrebbero lambito il filare. La discussione si concentrò soprattutto sulle due farnie – che ora figurano fra quelle destinate all’abbattimento – che impedivano la prosecuzione di via Cicerone, pensata per  creare una sorta di strada parallela alla via Due Ponti. Ma il piano nel suo insieme, che costituiva un ulteriore episodio della cosiddetta “ondata cementificatrice” che ha investito Carpi dopo l’approvazione del nuovo Prg, venne approvato quasi all’unanimità, con il voto a favore degli allora Ds, dei Comunisti italiani e perfino dei Verdi. Si astennero i due esponenti di Forza Italia, il cui capogruppo definì “ridicolo” preoccuparsi per due piante, quando se ne sarebbero potute sistemare decine altrove. Il solo a pronunciarsi contro quel piano fu Massimo Valentini, di Rifondazione comunista, al quale si deve la stessa definizione di “ondata cementificatrice”. Va detto, a onor del vero, che il testo della convenzione sottoscritta tra il Comune e i proprietari dell’area suonava abbastanza tranquillizzante, visto che prescriveva una serie minuziosa di operazioni e di proibizioni per la tutela del filare, incluso il divieto di realizzare interrati nel lotto edificatorio più vicino alle alberature, per non comprometterne gli apparati radicali. Ma potrebbe anche essere letto all’incontrario: tante attenzioni non erano forse il segnale di una possibile interferenza fra le opere previste e lo stato di salute delle querce?

Altra petizione, altro piano particolareggiato. L’urbanizzazione del comparto B16 di via Pola Esterna contro la quale si sta sollevando in questi giorni la protesta dei residenti è in ballo dal 2005, da quando, cioè, gli undici proprietari fecero richiesta di autorizzazione a presentarlo. Fra andate e ritorni in Commissione consiliare ha assunto forma definitiva con la variante del 2011, apportata dopo l’approvazione del 14 aprile di quello stesso anno. In questo caso il voto favorevole fu solo quello del Pd, contrari Pdl, Lega Nord, Alleanza per Carpi e Fli. E fin da allora fu chiaro che sarebbero stati edificati 13 mila dei 24 mila metri quadrati di superficie territoriale dell’area, per un totale di 33 lotti di costruzioni. 

Tutto evidente da quattro anni e con un voto amministrativo in mezzo: possibile che la gente se ne sia accorta solo ora?

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