Il linguaggio della Chiesa e i giovani: un questionario e un commento di monsignor Manicardi

Al contrario di quel che credono gli adulti, per i giovani i social sono soltanto i mezzi, mentre l'oggetto della comunicazione restano la parola e la scrittura, insieme all'immagine. Quest'ultima, peraltro, e anche la musica, nell'uso che ne fa la Chiesa, non sono considerate significative e anche i tentativi di un loro ringiovanimento non hanno dato risultati apprezzabili. E' alle parole che i giovani, affidano ancora il proprio mistero personale, assegnando il primato al linguaggio, “...perché hanno bisogno di essere ascoltati seriamente e di ascoltare”. Lo scrive monsignor Gildo Manicardi in un editoriale apparso sull'ultimo numero del settimanale diocesano. Ed è il suo commento alla relazione di Simone Ghelfi sui risultati di un questionario distribuito dagli insegnanti di Religione a quattrocento studenti delle Terze medie di Carpi e delle superiori di Mirandola. L'occasione è stata l'avvio, il 20 maggio scorso nella Chiesa-Museo di Sant'Ignazio, del quarto cantiere sinodale sul "linguaggio della Chiesa”. segue

 

 

L'esperienza di comunicazione meno significativa e comprensibile per i giovani interpellati, scrive ancora monsignor Manicardi, è l'impianto liturgico, (“...troppi elementi catechetici, liturgici sono non chiari, lontani, difficili, inutili”): un impianto che agli occhi dei ragazzi appare “clericale, parrocchiale e autoreferenziale” mentre la maggior parte propone di “utilizzare linguaggi (e gesti) meno difficili, più chiari, più comprensibili e diretti”. Del catechismo si parla poco o viene giudicato severamente e qualcuno considera uno sbaglio anche puntare all'insegnamento della religione cattolica a scuola. In compenso, le cose della Chiesa che risultano meglio comunicate e più comprensibili ai ragazzi sono l'aiuto ai poveri, la solidarietà, la pace e la fratellanza. Fra quelle ritenute invece più sbagliate figurano la permanente discriminazione tra uomo e donna, il non permettere a tutti il matrimonio (vengono espressamente indicati i preti, le suore e gli omosessuali), l'incoerenza fra la predicazione e le prassi concrete. L'esito del sondaggio, conclude monsignor Manicardi, è da considerare un “piccolissimo passo”, peraltro “incisivo”, verso la riflessione sinodale sul linguaggio della Chiesa, invitando a rifletterci su, “con coraggio”. Dove coraggio, si presume, significa liberare il campo da remore, pregiudizi, abitudini e prudenze sclerotizzate, essendoci in gioco una posta altissima che notoriamente sta molto a cuore al Vicario generale: la residua capacità della Chiesa di trovare forme di comunicazione dei propri valori che le consentano di trasmettersi alle nuove generazioni immerse negli smartphone.