Papa Bergoglio non sarà comunista, ma l'enciclica ci è andata vicino

“Mi chiamano comunista, ma parlo come papa Wojtyla”, ha detto papa Bergoglio, scherzando con i giornalisti sull’aereo che lo riportava a  Roma da un viaggio in Africa. Era il settembre 2019 e l’enciclica “Fratelli tutti” era ancora  di là da venire: un testo  che, se non si può dire di certo  che Bergoglio sia comunista, non esiteremmo a definire, appunto, comunista. Bum... E adesso vai con le critiche e con l’accostamento dello scrivente agli editorialisti di destra che non hanno avuto il minimo scrupolo a scomodare l’aggettivo, al primo apparire dell’enciclica. Stabiliamo subito un distinguo, anche per tranquillizzare quegli esponenti del mondo cattolico che hanno speso una vita in nome dell’anticomunismo e che hanno identificato quasi  totalmente la loro professione di fede con le barricate erette contro l’ideologia negatrice  della sacralità e della trascendenza, che definiva la religione  “oppio dei popoli”. In una  parola, contro il comunismo realizzato. Si vorrebbe insomma riportare il concetto al suo  nucleo ispiratore originario, lo stesso che papa Bergoglio riassume nel primato assoluto del “bene comune”.

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