Polisportiva Dorando Pietri: la storia si ripete

Verrebbe solo da ricordare che la Polisportiva Dorando Pietri, intesa come immobile e oggi alla ricerca disperata di un acquirente per far fronte ai debiti, non ha mai smesso di rappresentare un problema, per l'Amministrazione comunale. Non una sola, ma per tutte le Amministrazioni comunali che si sono susseguite da mezzo secolo circa a questa parte. Lo fu fin dall'inizio, alla metà degli anni Settanta, quando l'iniziativa del nuovo bocciodromo, che la sinistra del tempo si mise all'occhiello come simbolo di imprenditorialità sociale basata su un volontariato capace di spremere la bellezza di 14 mila ore di lavoro, si rivelò subito proibitiva. Tant'è che i non più giovani ricorderanno quel faccia a vista involontario di mattoni traforati di un'edilizia diciamo così, leggera e al risparmio, che fece mostra di sé per diversi anni in quella posizione che andava via via assumendo i connotati di una nuova porta di Carpi. Non proprio un messaggio trionfante, per chi approdava alla città dal casello autostradale, dopo aver percorso una tangenziale che il professor Antonio Rotondò, ospite di Carpi al tempo del convegno internazionale di studi su Alberto Pio (1978), ebbe a definire “degna di Rotterdam”. Prese il via allora un ripetuto e incessante pellegrinaggio dalle parti del sindaco Onorio Campedelli (1970-1976): vuoi dei volontari che avevano dato vita alla società cooperativa a responsabilità limitata Polisportiva carpigiana Dorando Pietri, alle prese con la costruzione dell'immobile sul terreno ricevuto in diritto di superficie dal Comune di Carpi; vuoi della principale destinataria, la futura cooperativa Bocce&Biliardi, sempre intitolata al maratoneta e composta da soci in buona parte coincidenti con i promotori dell'impresa; e vuoi soprattutto della fila, che cominciò subito ad allungarsi, dei fornitori di particolari costruttivi e impianti le cui ricevute bancarie ritornavano insolute. Arrivò anche a perdere la pazienza, il Sindaco scomparso prematuramente, con lo storico Presidente della cooperativa: voi volete andare avanti, ma intanto io qui mi ritrovo tutti i giorni gli artigiani che chiedono che sia il Comune a pagare i loro crediti. Non disse proprio così: si lasciò anzi scappare una definizione dialettale di quei creditori – artigianètt – che tradiva la visione di classe del comunista, l'essere dalla parte del lavoro dipendente contro quel lavoro autonomo, sia pure microscopico, ruotante intorno all'edilizia che pure costituiva il nerbo del blocco storico tra operai, artigiani e piccoli commercianti sul quale si reggeva il super potere del Partito comunista a Carpi. (segue)

Si rimediò con gli affitti, più che con il denaro: veicolando cioè nei nuovi locali della Polisportiva un istituto come il Meucci bisognoso di espandersi. E fu solo l'inizio di una convogliata rotazione di affittuari, privati e istituzionali, i cui canoni servirono via via a completare l'opera. Sulla quale lo spirito imprenditorial-cooperativo degli uomini di vertice della Polisportiva non cessò mai di esercitarsi. Come quando si decise di affrontare, nel 2010, un investimento da 900 mila euro per risanare la copertura in amianto di duemila metri quadrati, installando anche pannelli fotovoltaici Nel 2015 il primo segnale di crisi, affrontata. come accadrà anche nel 2017, da una parte trovando nuovi affittuari al posto di quelli che se ne andavano; dall'altra, restringendo l'area destinata al gioco delle bocce, in declino insieme all'invecchiare e all'assottigliarsi dei soci, per far posto a nuove sedi o magazzini da affittare. In primo luogo al Comune, tirato sempre per i capelli al soccorso, anche se la Polisportiva si mostrerà un contribuente piuttosto renitente in fatto di Imu.

 

In questi giorni le cose si stanno semplicemente ripetendo. Nonostante la Società ginnastica La Patria abbia acquistato la sede per la quale versava il canone; nonostante il Comune abbia previsto di adibire l'intera ala ovest del complesso a sede del Comando della Polizia Locale e dei Servizi sociali, impegnandosi probabilmente in qualche forma di compensazione (affitto? riscatto anticipato di questa porzione dell'edificio?), l'accumulo del debito ha spinto la cooperativa a chiedere, fin dal 2019, la liquidazione volontaria. E a porre in vendita l'immobile per un valore stimato sui sessantamila euro, da non intendersi tuttavia come base d'asta. Chiamando in ballo come primo acquirente chi, se non il Comune di Carpi, eterno partner? Un consigliere di minoranza ha dichiarato non esistere alcuna delibera “che impegni l'Amministrazione all'acquisto dell'immobile”. E c'è da credergli, perché quell'atto non è un "impegno” deliberato, ma la stessa concessione del diritto di superficie dove, a meno che non sia stato disposto diversamente, tutto quello che è stato costruito su quel terreno rientra nella disponibilità del cedente, cioè del proprietario del suolo, cioè dell'Amministrazione comunale. Che potrà anche decidere un riscatto anticipato rispetto alla scadenza della concessione nel 2031. Ma, sia che si tratti di un esborso, compensato dal canone riscuotibile dalla cooperativa Bocce&Biliardi, sia che si tramuti in una minore entrata, come sconto sull'Imu da incassare, la Giunta dovrà spiegare al Consiglio comunale una decisione tutta “politica”, collegata al valore aggregativo e sociale della Polisportiva. Come sempre.