Ci sono molti modi per farsi del male. Uno, ricorrente, al quale ci inclinano l’indole e il mestiere è la lettura dei fondi di Notizie, affidati alla penna di don Ermanno Caccia. Non perché, beninteso, non siano ben scritti o perché l’Italiano non vi fluisca con elegante scorrevolezza, infiorettato da citazioni dotte. Ma perché si stenta il più delle volte a cogliere il senso, direbbe Dante, “...della dottrina che s’asconde sotto il velame delli versi strani” (Divina Commedia, Inf. IX, 61-63).
Insomma, non ci si capisce niente. Limite nostro, s’intende. Il linguaggio curiale è quello che è, e da sempre: allusivo, felpato, sommesso, involuto. E si deve solo alla nostra impreparazione se non riusciamo ad arrivare al bandolo della matassa dei ragionamenti del Direttore. Si prenda per esempio l’ultimo editoriale, dal titolo apparentemente inequivocabile e nitido come la luce dell’alba: “Noi e gli altri”. Uno vi si avventura, attratto dall’iniziale invettiva scagliata contro la “mentalità settaria”, l’attitudine allo stabilire “chi è dei nostri e chi non lo è”, “chi è dentro e chi è fuori”, la vocazione di certa gente a “distribuire tessere di riconoscimento” e a creare “steccati di separazione”, innalzati “addirittura all’interno delle nostre comunità, anche a Carpi”.