Trump, le foibe, Francesco Natale e il nuovo che avanza in Fratelli d'Italia

«“Carpi è una città da sempre in mano alla sinistra e in cui la politica entra nelle scuole. Al posto del murales di Donald Trump ci starebbe bene un memoriale delle foibe”, ha dichiarato tra gli applausi di una platea gremita. L'invito che ha lanciato è stato infine quello di combattere per una scuola “che non cancelli la storia e che non abbia morti di serie A e di serie B”». Ha riferito in questi termini, applausi compresi, il proprio intervento alla convention nazionale di Fratelli d'Italia "Italia, energia da liberare”, il giovane Francesco Natale che, mai smentito dal partito, diffonde da tempo comunicati a nome di Fd'I di Carpi. Ora, stabilito che Donald Trump non è un morto di serie B, perché ci risulta piuttosto vivo e vegeto, un accostamento tra l'indifferenza ambientalista del Trump medesimo, cui si riferiva il murale di protesta degli studenti del liceo Fanti, e l'operato dei partigiani di Tito fra Istria e Dalmazia durante e subito dopo la seconda guerra mondiale, appare quanto mai arduo e cervellotico. Ma tant'è: ognuno, per motivi propagandistici, può tirare la Storia e gli accadimenti dove e come crede. (segue)

Il punto è un altro. E' dover constatare che da una parte Giorgia Meloni, a Milano, dichiara che Fratelli d'Italia è pronta a governare, rivelando di disporre di una classe dirigente all'altezza dei problemi del Paese, ritinteggiando con colori da moderna destra conservatrice il proprio partito e rigettando come antistorici i saluti romani spuntati alle esequie di Assunta Almirante. E dall'altra giovani virgulti dello stesso partito riprendono pari pari uno dei più classici temi con i quali la destra neofascista ha replicato alle celebrazioni della Resistenza per non meno di una settantina d'anni. Propaganda contro propaganda, potrebbe obiettare qualcuno. Ma che di siffatti argomenti si faccia portatore un giovane di nemmeno vent'anni induce a chiedersi: sono ancora queste le basi culturali di arruolamento di quella che pretende di essere destra di governo? Sono ancora i massacri dei comunisti jugoslavi il tema di contrapporre all'antifascismo che fonda le basi della Repubblica?

 

Ma forse non vale la pena prendere troppo sul serio l'uscita estemporanea di un giovanotto ambizioso. Scomodare il primato che i sondaggi assegnano al partito di Giorgia Meloni e del quale Fratelli d'Italia si è subito avvalsa per autocelebrarsi a Milano è invece interessante proprio sotto il profilo della dichiarata disponibilità di una classe dirigente in grado di assumere ruoli di governo. Suona infatti come un invito a verificare questa dichiarazione a livello dei territori. E Fratelli d'Italia sul nostro territorio risponde ai nomi di Annalisa Arletti e, più recentemente, di Federica Boccaletti, con sullo sfondo il consigliere regionale Michele Barcaiuolo. Risponde, in altri termini, a un tipo di opposizione come quella espressa nella motivazione di fondo del voto di astensione dell'altra sera sul piano per la sostenibilità e l'adattamento al cambiamento climatico: “tanto, non lo farete mai”. Una simile, rabbiosa dissociazione a priori a misure che non hanno alternative e con le quali ogni altro governo territoriale, di destra o di sinistra, è obbligato a confrontarsi di fronte al disastro ambientale si capisce solo se si ritiene l'interesse del partito a marcare la propria visibilità superiore a qualsivoglia interesse generale. Così come ogni volta che si toccano temi come l'immigrazione e la sicurezza, molto assecondati e accarezzati a colpi di slogan fino a far sorgere il sospetto che siano la stessa ragione di vita di Fratelli d'Italia. E' comprensibile che, dopo anni di collocazione ai margini della politica e di quello che una volta si chiamava "arco costituzionale”, gli eredi dell'Msi e di An – perché di questo occorre parlare se i loro giovani continuano a parlare di foibe – oggi, con Giorgia Meloni, cerchino in primo luogo di segnalarsi, distinguersi e contarsi in prospettiva elettorale. Ma una cultura di governo è fatta di altro. E di altri, nel senso di incontri, confronti sulle cose e, se necessario, di compromessi a metà strada. Perché le stagioni dell'assoluto, dell'“ora vi faccio vedere io”, delle bacchette magiche, degli slogan populisti, del riassumersi negli umori di un Capo li abbiamo già visti: con Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini. Tutti vincitori che, alla prova del governo, hanno cominciato a perdere un minuto dopo aver intascato le rispettive vittorie.