Il tempo del gioco, In cornice

Giocavo, certo che giocavo quando ero piccola. Ai tempi antichi senza il telefonino e tutte le applicazioni della tecnologia indispensabile oggi. Bisogna raccontarlo ai bambini di oggi in quanto, per loro, è una cosa di cui non hanno esperienza. La prima cosa che mi viene in mente, se penso a me che gioco, a me bambina, è un luogo preciso, quello in cui si svolge il gioco. Il gioco non è disgiunto dal dove e dal quando. C’è un muro, un giardino perché è all’aperto che si può giocare, c’è la palla, leggera, tesa, unica e preziosa. C’è un muro, non nuovo da sporcare e silenzio da non infrangere, tempo da non disturbare. E uno batti le mani, e due ripeti, e via che vai la filastrocca che ti guida. Fai la giravolta, falla un’altra volta. Non me la ricordo, ma la filastrocca mi accompagnava fino alla fine del gioco. Oppure c’era un gareggiare a chi, io o la mia amica, potesse durare più a lungo nel palleggio semplice. A quei tempi era anche in uso il salto della corda, non come allenamento fitness, ma come esercizio di abilità negli incroci e nei doppi passaggi.

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