Odori di ricovero, odori di collegio

Non so se ascoltare le parole che viaggiano per l’aria e ritenersele nella mente corrisponde a un furto di immagine. Non vorrei. Ma, se le parole e le opinioni fluttuano come palloncini senza più un filo che li trattiene, allora mi sento autorizzata, almeno, a farmele entrare in un orecchio. Specialmente se mi stuzzicano. Colpa è, sicuramente, la vigliaccheria di tacere, di non stoppare, di non dire che si percepiscono sciocchezze, che non si è d’accordo e preferire di farsi gli affari propri. Così non reagisco se una signora comincia a dire che lavoro ce ne sarebbe, vedi le infermiere, lavoro ce ne sarebbe ma vengono tutte da giù, dalla “bassitalia” che non si sente altro che quella parlata. E quelle che ci sono che cosa possono avere da lamentarsi dello stipendio discreto e del lavoro, perché poi poco ambito? Mica fanno solo certe cose qualificate, dice la vicina, e non aggiunge che c’è anche da sporcarsi le mani e quale sporcarsi le mani. E che turni e che responsabilità. E si lamenta, la signora, di quello che succede nella struttura che non è abbastanza: abbastanza gentile, abbastanza sollecito, abbastanza tutto. 

L'accesso è riservato agli Abbonati

Se sei già abbonato, accedi per vedere l'articolo completo

Accedi

Accesso completo al sito, più l'
abbonamento digitale annuale

Vi permette di accedere a tutti i contenuti web di VOCE.it e di ricevere la newsletter quotidiana VoceCittà con le notizie del giorno, Voce settimanale digitale e Voce mensile digitale di approfondimento, direttamente al vostro indirizzo mail. Costo Annuo 29€ Abbonati