di Elizabeth Von Arnim - Edizioni Bollati Boringhieri 2016

La moglie del pastore

Questo affascinate e lieve romanzo della Von Arnim, grande scrittrice australiana dalla produzione vasta e sempre avvincente, è stato pubblicato per la prima volta nel 1914 e presenta le caratteristiche di quasi tutti i libri della scrittrice: una prosa fluida in cui si alternano descrizioni fatate e fine introspezione psicologica, una leggera ironia che pervade le pagine, un meraviglioso e indimenticabile ritratto femminile. 

Ingeborg ha ventidue anni, è figlia di un vescovo anglicano e di una donna che vive ormai da anni relegata sul divano, convinta di essere ammalata; ha una sorella bellissima per cui si prospetta un grande matrimonio, mentre a lei spetta il ruolo di aiutante infaticabile del padre in tutte le incombenze della parrocchia. Durante un viaggio a Londra per una serie di cure dal dentista, avendo risolto inaspettatamente in un’ora il suo penoso mal di denti, invece di risiedere dalla zia come dovrebbe fare decide di partecipare a un viaggio organizzato in Svizzera, con qualche vago senso di colpa e il grande e perenne entusiasmo che prova di fronte alle novità e alle bellezze del mondo. Qui, in questa gita di cui naturalmente i genitori non sanno nulla, viene corteggiata in modo insistente dal prussiano Herr Dremmel, un pastore luterano che decide seduta stante che la ragazza deve essere la sua fidanzata e in breve sua moglie. Ingeborg è molto lontana dall’idea del matrimonio, ma non ha il coraggio di opporsi a un corteggiamento tanto sicuro e martellante. L’uomo è di bell’aspetto e ha un grande interesse nella vita che gli fa persino trascurare il suo ruolo religioso, dal momento che passa tutte le sue giornate cercando in laboratorio la composizione di fertilizzanti che possano rivoluzionare la produzione agricola del suo villaggio. Ingeborg sposa dunque il suo pastore, lascia per sempre l’Inghilterra per approdare in una terra di cui non conosce lingua e usanze, ma di cui s’innamora subito, rapita dalle immense distese di segale, dai cieli vasti come mari, da tutto quello che sboccia nei prati e nella sua anima. Ma dopo qualche tempo pagherà a caro prezzo la sua stupita e generosa ingenuità.

“Ciò che più ostacolava la sua permanenza nelle regioni della tristezza era che ogni giorno non mancava mai di offrirle un nuovo, radioso mattino. Era una donna di grandi entusiasmi, con una propensione spirituale all’estasi che sviluppò in lei un talento speciale per i fremiti. Alla minima provocazione sentiva la pelle accapponarsi…”

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