Pietro e Paolo di Marcello Fois, La lettura del 14 novembre

“Pur non contando assolutamente niente è tuttavia necessario soffrire a dismisura per diventare adulti, pensò, rendendosi conto di quanto sovradimensionato fosse per lui quel pensiero. E gli parve una crudeltà inaudita percepire le cose e non sapere come esprimerle. Soffrire di cose che non si sanno dichiarare, ma solo affrontare per forza genetica, per intuizione, per maledetta sensibilità.” Questo bellissimo romanzo racconta la storia di un’amicizia. La racconta come fosse una poesia dolce e crudele in cui il sentimento e la lealtà arrivano purtroppo a scontrarsi con la tragedia della vita. Pietro Carta e Paolo Mannoni sono amici fin dall’infanzia: nati entrambi nel 1899 in Sardegna, trascorrono mattinate di giochi e fughe fra prati selvaggi e colline, alla scoperta del mondo e della propria individualità. Paolo è l’ultimo dei figli di una famiglia agiata, delicato di salute, amato e coccolato soprattutto dal padre e dalla governante; Pietro è figlio del fittavolo dei Mannoni, è un ragazzino povero, forte, coraggioso e avido di conoscenza e spesso trascina l’amico più timido e restio in avventure e disubbidienze. Pietro non va a scuola, ma Paolo gli racconta ogni giorno quello che il maestro ha spiegato, dalla biologia alla grammatica, ricevendo in cambio nozioni sulle tane dei piccoli di volpe, sulle poiane che solcano il cielo, su quel mondo nascosto e legato alla natura che in classe non si può imparare. 

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