Nell’attuale contesto di mercato la crescita economica globale continua a essere trainata dai paesi sviluppati, ma i dati sugli scambi commerciali mostrano con chiarezza che questa crescita prosegue a un ritmo ancora molto lento. In effetti la gravità della crisi economico-finanziaria del 2008-2009, che vede come precedente solo il 1929 (anno della grande depressione), richiede un periodo di convalescenza prolungato. Non a caso sono dovute intervenire le principali banche mondiali affinchè si potesse evitare un disastro assoluto: impresa, almeno per il momento, riuscita. La storia finanziaria insegna tuttavia che nemmeno le banche centrali, dall’alto della loro totale autorità e potenza, possano essere considerate “onnipotenti”. Chi non ricorda la crisi del 2000-2003, conosciuta come “bolla internet”? Quanti miliardi furono spazzati via dalle tasche dei comuni risparmiatori, naturalmente a favore di altri player che godono di informazioni privilegiate oltre che di una solidità finanziaria del tutto invidiabile? Per arrivare ai giorni nostri, mi verrebbe una semplice domanda: possibile che l’attuale fase negativa che sta attraversando la Cina, seconda potenza mondiale, non intacchi almeno nel breve-medio periodo tutta la crescita mondiale? Lo scopriremo solo vivendo, ma pare giusto a ogni modo conservare ancora un certo livello di prudenza. Proprio per sottolineare il valore di questo aspetto, ricordo che, per la prima volta nella storia, la Fed (banca centrale americana) ha deciso di osservare anche i dati degli altri paesi, in primis di Cina ed Eurozona, prima di prendere le proprie decisioni di politica monetaria, prossime a un rialzo dei tassi di interesse. Ebbene, se le cose stanno così, capite bene che quando si devono gestire i propri capitali, sarà opportuno mettere al centro prima il “controllo del rischio” e poi la ricerca di un rendimento atteso, perché si verificano frequentemente veloci sbalzi della volatilità dei prezzi degli strumenti finanziari. Al punto che il nuovo rischio si potrebbe definire “volatilità della volatilità”. Ecco perché il focus per la gestione ottimale di un patrimonio deve essere prima di tutto orientato a contenere il rischio di subire forti oscillazioni o svalutazioni, seppur temporanee. Il presupposto per ottenere poi un rendimento atteso è quello di essere sicuri al cento per cento di stare dentro ai mercati, mentre tutto crolla, mese dopo mese, giorno dopo giorno. A poco valgono infatti le considerazioni ex-ante sul portafoglio diversificato e de-correlato e del tempo medio atteso, perché per esempio le correlazioni saltano per aria quando la volatilità schizza in alto, mentre resta la paura di vedere il capitale scendere continuamente od oltre lo scenario ipotizzato. D’altronde l’uomo per natura è avverso al rischio e di questo bisogna assolutamente tener conto. Potrebbe altrimenti arrivare il giorno in cui il mercato si porterà via buona parte del capitale. E se non si vende, non resta che sperare con ansia in un recupero più che proporzionale alla perdita subita.
12 Novembre 2015
Il rischio: elemento centrale
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