La notizia di Carpi futura sede di un corso di laurea in Ingegneria è stata accolta per lo più con favore dalla città. Non sono mancate, tuttavia, note di scetticismo. E neppure le consuete critiche di quelli che “...con quei soldi si poteva”: e via con famiglie da aiutare, strade da asfaltare, lampioni da sostituire, videocamere da installare, alberi da piantare, parchi da ripulire. Quelli, insomma, che perfino il sentire e il pensare li vorrebbero piegati al “qui e ora”, e i benché minimi segnali di futuro e astrazione sono tempo perso. E qui serve un racconto. Abbiamo avuto occasione in questi giorni, di sentirci con un ultranovantenne carpigianissimo, nato in Nicolò Biondo e da ragazzo aiutante campanaro nella Torre della Sagra, docente di Educazione tecnica per quarant’anni al Vallauri. Ci è venuto da chiedergli: “Professore, perché con una tradizione meccanica e uno sviluppo tessile così sviluppati, a Carpi non è mai nata un’industria meccanotessile, al punto da diventare tributari di Germania e Giappone?”. E lui, senza pensarci un attimo: “Perché non avevamo gli insegnanti”.
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