Avvenire, in Metacarpi su Voce mensile di maggio

Alla platea, chiamiamola così, brizzolata, accorsa all'Eden per confessarsi con "Il Sol dell'Avvenire”, era come se il regista Nanni Moretti dicesse una cosa che in fondo gli spettatori hanno sempre saputa, pur celandola per anni in fondo ai propri pensieri. E cioè che la politica, sulla quale molte generazioni si sono spese, comunque le cose fossero andate (tipo la mai avvenuta rottura tra Pci e Urss nel 1956), la politica, si diceva, scorre via, mutano tempi e situazioni. Quel che conta e resta davvero, alla fine, sono le emozioni, i sentimenti, i drammi esistenziali, le relazioni personali delle quali si faceva finta di non accorgersi, prevaricate dall'impegno politico. Con tutto questo, tuttavia, la tensione verso la politica resta. Perché c'è bisogno di uno slancio ideale da vivere insieme agli altri, come una sorridente passeggiata mobilitante lungo via dei Fori Imperiali o un ballo collettivo sulle note di "Voglio vederti danzare” di Franco Battiato.