Draghi e maghi, Metacarpi del 3 febbraio

“Rivolgo un appello a tutte le forze politiche perché diano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. Non c'è bisogno che lo sottolineiamo noi, da una piccola testata di provincia, ma in queste parole, pronunciate ieri sera da un Presidente della Repubblica visibilmente scuro in volto, c'è tutta la crisi del sistema dei partiti, di forze politiche chiamate a sorreggere – perché alla fine anche Mario Draghi dovrà transitare per le aule parlamentari – un assetto di governo nel quale nessuna di esse si identificherà interamente. Non siamo molto lontani dal perimetro costituzionale entro il quale venne allestito nel 2011 il governo di Mario Monti: la differenza sostanziale, si dice da più parti, è che allora Monti venne chiamato a dirigere una stagione di "lacrime sangue”, di tagli e di rigore. Lui, Mario, Draghi, si troverà invece a gestire soprattutto una stagione di distribuzione: le risorse dell'Unione europea sulle quali si è accapigliata la neo defunta maggioranza giallorossa. Non si creda, però, che il percorso che attende Draghi sia esente da sacrifici e da prospettive di misure impopolari. Basti pensare ai limiti “cromatici” (rosso, giallo e arancione) che dovranno ancora essere imposti per il contenimento del contagio. O alle scelte di priorità che scandiranno la vaccinazione di massa. O allo scenario sociale che potrebbero dischiudere la fine del blocco dei licenziamenti o vertenze annose come l'Ilva o Alitalia.

 

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