Chi ci ricorda, Giorgia Meloni? L’abbiamo già vista quella sicurezza di sé esibita nel parlare in pubblico, le frasi scandite e semplici, quel girare il volto e il busto quasi a scatti, verso destra e sinistra, la spalla opposta al movimento lievemente abbassata, senza mai guardare un foglio, le mani appoggiate al leggio o congiunte davanti a sé, i palmi rivolti all’interno a segnalare l’ovvietà, o puntate a indicare un concetto preciso, o mosse a 180 gradi per connotare una vastità di temi e invocare coralità... Ma sì, come non averci pensato prima? È lui, è Gianfranco Fini, stessa mimica, stessa gestualità, stessa tecnica assertiva, stessa capacità di catturare l’attenzione. Era al cinema Corso, a Carpi, gremito, in un imprecisato anno forse dei Novanta (non ce n’è traccia nella memorialistica) e in un imprecisato ruolo. In ogni caso, con il linguaggio del corpo che negli anni di convivenza nel Fronte della Gioventù l’allieva ha introiettato, respirato, assimilato dal maestro. Li si direbbe perfettamente sovrapponibili, se non fosse per i cognati.
4 Febbraio 2023
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