Nell’Italia disperatamente lanciata alla ricerca del “nuovo” in politica – da Berlusconi a Renzi, da Grillo a Salvini – con relative disillusioni, Giorgia Meloni parrebbe profilarsi solo come l’ultimo approdo. E il Pd le sta evocando contro un po’ di tutto – dalle radici nel fascismo allo spettro dell’intruppamento con la Polonia di Kaczynski o l’Ungheria di Orban, dal timore di stravolgimenti della Costituzione all’appello al voto utile – per demolire l’alone della novità che circonda la leader di Fratelli d’Italia. Ma non sarebbe sufficiente, a questo scopo, una scorsa ai nomi circolati in questi giorni come componenti la futura classe dirigente governativa della destra? Si parla, fra gli altri, di Tremonti, Pera, La Russa, Frattini, Fitto, Urso, Tajani... In pratica la nomenklatura berlusconiana del 2011, quella dello spread a 575 punti. Più degli spettri mussoliniani, è questo che dovrebbe preoccupare gli Italiani, se solo qualcuno si prendesse la briga di ricordarglielo.
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