In migliaia hanno “riempito” piazza Martiri per due concerti consecutivi. Ne siamo tutti orgogliosi: quanti, soprattutto giovanissimi, avranno avuto magari per la prima volta l'occasione di fare la conoscenza del centro monumentale di Carpi? Sono comprensibili, dunque, gli inni alla gioia partiti da media e social purché – e qui entriamo nel regno dell'impopolarità, a noi congeniale – non si creda che la vivibilità di piazza Martiri si possa risolvere così. Intanto, perché nessuno reggerebbe ritmi siffatti. Ma soprattutto perché, lo hanno scritto in tanti, gli eventi, anche i più riusciti, finiscono e i palchi si smontano. Lasciando la solita, sconfinata distesa di porfido, desolata di inverno e rovente d'estate, malinconicamente contemplata dal Palazzo dei Pio. Renderla attrattiva in permanenza sarà uno dei compiti che attendono i prossimi amministratori: sfidando ambulanti e Soprintendenze, abitudini e resistenze. Un corso Roma riprogettato – quando gli dei ne avranno concesso la conclusione – vale più di tutti i “riempimenti” clamorosi di cui possiamo gioire per una sera.
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