Metacarpi, del 22 gennaio 2021

Se n'è andato Emanuele Macaluso, iscritto al vecchio Pci dal 1941, scomparso il giorno in cui si ricordavano i cento anni dalla fondazione del partito, e quando gli mancavano solo quattro anni dal compierlo pure lui, il secolo. Era stato della corrente sprezzantemente definita dai suoi "migliorista”: un gradualista permeato di realismo, insomma, lontano da ideologie e massimalismi, convinto che l'Italia fosse un paese bisognoso di riforme, anche minime, da attuare nei fatti più che di rivoluzioni a parole. Non aveva aderito al Pd, perché non si rassegnava all'idea che un partito smettesse di combattere per cambiare gli equilibri della società, per privilegiare quelli nel Palazzo. Amava ripetere che quando era opposizione il Pci ce lo aveva, un progetto di società, ma da quando come Pds-Ds-Pd è andato al governo, lo ha perso di vista, facendo dello stare nelle stanze del potere il proprio obiettivo principale, superiore a ogni istanza di cambiamento. A costo, verrebbe da aggiungere, di farsi paralizzare dal nulla dei 5Stelle e di appisolarsi cullato dal premier Conte. 
 

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