Ma che Storia è

Diciamocelo: ci sono alcune domande – dal perché esiste il male nel mondo al se è nato prima l’uovo o la gallina – che un essere umano normodotato non dovrebbe porsi. Sono senza risposta e sembrano fatte apposta per aumentare l’insicurezza di creature – i sapiens – che ad onta dei comportamenti smargiassi e dall’ostentata volontà di dominare il creato sono sommamente fragili. Fra i tanti quesiti che non contemplano una risposta se non puramente orientativa si annida anche un classico della riflessione culturale coltivato nei secoli da generazioni di intellettuali: a che cosa serve la Storia? Stiamo parlando pur sempre di una delle discipline più longeve nell’intera parabola del genere umano – fin dagli esordi uomini e consimili hanno avuto una specifica premura nel fissare la successione e il senso degli eventi a loro precedenti – ma malgrado questa lunga consuetudine, ancor oggi, a fronte dell’esiziale interrogativo, cervelli anche sopraffini iniziano, penosamente, a balbettare. Secondo una vecchia e abbastanza diffusa credenza la Storia ci servirebbe – o meglio, diciamo, potrebbe servirci – come maestra di vita. In teoria, molto in teoria, civiltà, popoli, individui grazie al supporto della conoscenza storica, sarebbero sostanzialmente in grado di condurre percorsi ed esistenze immuni da errori e patimenti. Se così stessero le cose, viene però da obiettare, con migliaia di anni di pedagogia fattuale alle spalle la nostra specie dovrebbe vivere in un paradiso terrestre che, prime pagine dei giornali alla mano, sembra invece lontano da venire. Insomma, ammettiamo anche, come dicevano i nonni dei nostri nonni, che historia sia magistra vitae; come minimo, ha eccepito qualcuno, gli studenti sono assenti o disattenti. 

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