Guerre d’Autan, Micromega del 3 ottore

Giustizia è fatta. Grazie al lavoro di uno storico canadese, Timothy Winegard, e a un suo libro intitolato – traduco dall’inglese – La zanzara. Storia umana del nostro predatore più letale (speriamo che qualche editore italiano lo faccia proprio a breve) abbiamo numeri e prove per dichiarare ufficialmente che il fastidioso insetto è il nemico numero uno della nostra specie. Senza stare a sottilizzare, per avere contezza di tale roboante ma veridica affermazione bastano alcune cifre riportate nel testo (anche qui traduco, alla bell’e meglio): “Dal 2000 – scrive Winegard – il numero medio annuo di decessi umani causati dalla zanzara è stato di circa 2 milioni. Gli umani sono arrivati secondi a 475 mila, seguiti da serpenti (50 mila vittime), cani e pappataci (25 mila all’anno ciascuno), dalla mosca tse-tse e dal bruco assassino (10 mila ciascuno)”. Per rammentare poi che “i feroci assassini della tradizione di Hollywood sono molto pi. in basso nella nostra lista”. Il coccodrillo, per dire, è al decimo posto, con mille morti annue, poco sopra gli ippopotami con cinquecento e elefanti e leoni con cento morti ciascuno. Lo squalo e il lupo, tanto calunniati, conclude lo studioso nordamericano, condividono il quindicesimo posto con la miseria (sia detto con rispetto per le vittime) di dieci decessi provocati, mediamente, per anno. Inutile ricordare che la mattanza appena evocata, determinata dalla sterminata quantit. di virus e batteri letali di cui le zanzare sono veicolo (a partire dal flagello ancora attuale della malaria), non è una novità di questi anni. Forse è iperbolico dirlo, ma da quando homo sapiens è sulla terra ha dovuto combattere, guadagnandosi con sacrifici e fatica metro su metro, soprattutto con questa specie animale, una delle poche ad avere un identico eclettismo climatico e un pari livello di adattabilità: le zanzare mancano, dati alla mano, solo in Antartide, in Islanda e in alcuni atolli francesi del Pacifico, tutti luoghi dove pure gli ominidi non è che abbondino. Scendendo un po’ di grado, e di drammaticit.à, oltre a infezioni e virosi – che, come sappiamo bene, fra globalizzazione e tropicalizzazione del clima non sono pi. triste appannaggio delle zone equatoriali – vanno imputate a questo flagello biblico volante e ronzante parecchie altre negatività. Te ne rendi conto, da abitante della pianura padana e in particolare delle terre di palude, pardon, d’argine, quando vai in villeggiatura d’estate. Ovvero quando ti viene offerto un facile esercizio comparativo, che mette a raffronto la tua condizione di sottomissione domestica ai tempi e ai costumi delle zanzare con la relativa libertà di azione e di movimento elargita dalla sostanziale latitanza dell’odiato insetto nei luoghi di approdo vacanziero. Capita così al padano delle nostre zone in trasferta nelle località costiere o in quota alpina di diventare, con i giorni, monotematico (“voi non potete capire cosa significa vivere tutto il giorno in mezzo alle zanzare”), con effetti paradossali da sindrome di Stoccolma (“ancora non mi hanno punto”, quasi a preoccuparsene o dolersene), e soprattutto con grave compromissione delle possibilit. di allacciare nuove conoscenze e amicizie. 

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