I fatti? Meglio le opinioni, Micromega

Non c’è niente da fare. Secondo i futurologi di qualche decennio fa il ventunesimo secolo si sarebbe dovuto caratterizzare, oltre che per il diffuso avanzamento tecnologico (e fin qui diciamo che ci siamo), per il trionfo dell’oggettività (e dell’obiettività) dei fatti al cospetto delle opinioni. Supportati dalla cibernetica (la chiamavano così, allora) gli esseri umani si sarebbero emancipati da ignoranza, superstizione e relativismi vari, in nome della primazia (quasi una dittatura, se non ci si sta attenti, dicevano) delle informazioni empiriche, dei dati e delle misurazioni. Io che queste previsioni (buffe, con il senno di poi) ho fatto in tempo a respirarle nella letteratura di fantascienza, nei fumetti – primo e indimenticato amore – e nelle serie televisive, da piccolo mi immaginavo, in prospettiva, discussioni brevissime, il tramonto della litigiosità, una società pacificata. Nel futuro Tizio avrebbe detto “quel muro lì è giallo ocra, e te lo dimostro” (e giù con degli elementi di fatto, a suffragio della giallità della parete) e Caia gli avrebbe risposto “no, caro Tizio, è un giallo canarino, guarda l’analisi dello spettro”, e gli avrebbe anche allungato, alla chetichella, il certificato attestante il suo (di Tizio) livello quattro (o otto, o ventuno) di daltonismo. Tizio, sospirando, sarebbe tornato a casa (dove avrebbe trovato una moglie di simpatia settantuno e di bellezza tre quarti rispetto a quando si erano sposati), senza rancore e con l’idea precisa che Caia, per la ventottesima volta nelle ultime dodici settimane, aveva avuto ragione

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