Notte rosa, con spine, Micromega del 18 luglio

Capitare a Riccione all’altezza della Notte rosa – è il secondo anno consecutivo che mi succede – continua a essere sommamente istruttivo. Innanzitutto consente di avere piena contezza della capacità di resistenza della specie umana. Che ama dipingersi come fragile, perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, incapace di conciliare animalità e civiltà, ma poi quando si tratta di sopportare salassi e sacrifici inenarrabili sotto la dicitura “vacanze” è in grado di esibire pazienze e abnegazioni da animale da soma. Per intenderci: gli stessi automobilisti che durante la settimana sono pronti a speronarti per un sorpasso subito o a estrarre il crick per un parcheggio usurpato, si sorbiscono placidamente un Carpi-Riccione autostradale in quattro ore e mezza senza battere ciglio, anzi quasi orgogliosi, all’arrivo, di aver partecipato a questa processione motoristica tutta lacrime e sangue. E lo stesso, evidentemente, vale per code, attese, intasamenti, anche pedonali, che occorrono durante il soggiorno marittimo: tutti molto british, compassati, no prego c’era prima lei, in attesa di tornare a sbranarsi per un salto di fila dall’edicolante, lunedì mattina. In secondo luogo la Riccione rosa, con il sovraffollamento delle spiagge e lo sbarco coatto di migliaia, decine di migliaia, di forzati della vacanza mordi e fuggi (compreso il sottoscritto, si capisce), offre una rappresentazione plastica, non priva di fascino, di cosa possa significare, anche in anfratti insospettabili come questo, il dato di fatto statistico di un Paese – l’Italia – contemporaneamente più anziano e più nutrito rispetto ai decenni scorsi e, volendo, a tutta la sua plurimillenaria storia. Se qualcuno, a causa della scarsa frequentazione del litorale, si immagina ancora la spiaggia romagnola come proscenio in cui sfilano e dominano adoni e amazzoni in odore di corteggiamenti e flirt estivi, come ribalta di corpi statuari e volitivi, la repubblica di una bella gioventù dinamica e scapestrata, se qualcuno si immagina tutto questo, e altro, beh, duole dirlo ma la realtà gli risulterà dolorosamente dissonante. La verità è che in zona battigia siamo tutti, o perlomeno in maggioranza, piuttosto attempati e, per così dire, “in carne”, e non impersoniamo esattamente ideali di bellezza apollinei. 

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