Oltre il giardino, di Giuliano Albarani

Fra le conseguenze del riscaldamento globale meno visibili ma più direttamente impattanti sulla qualità della vita delle persone residenti nell’angolo di mondo chiamato Pianura Padana campeggiano, da qualche anno, l’anticipazione e l’accelerazione dei processi di fioritura e crescita della vegetazione. Per un soggetto pigro e ignavo come me, abituato a beneficiare di quattro o anche cinque mesi di totale inattività del mondo arboreo, tale simpatico mutamento dei cicli naturali comporta la necessità di mettersi preventivamente in movimento per acconciare il proprio minuscolo giardino in funzione della vista e della fruizione di spettatori e ospiti. Detta così può sembrare anche una cosa semplice: in verità dietro la banale manutenzione e cura dell’appezzamento di terreno di rispettiva pertinenza, come ho già avuto modo di sottolineare da queste colonne, sembrano nascondersi dinamiche ancestrali e terribilmente serie, che vedono il maschio adulto di famiglia, fin dall’età del neolitico, assurgere a responsabile delle coltivazioni ed eccellere nella conquista/conservazione della stima delle femmine in ragione direttamente proporzionale alla capacità di far fiorire e fruttare i semi della terra. 

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