Curioso come si possano modificare nel tempo, con l’incedere dell’anagrafe, le fobie. Quando ero piccolo – ma piccolo piccolo – avevo paura dei vampiri. No, non dei mostri in generale, ma dei vampiri, tanto che credo di essere riuscito a guardare il Dracula con Bela Lugosi solo in età adolescenziale e in trasmissione diurna. Nei noiosi e grigi pomeriggi invernali targati Rai delibavo Mummie, Frankenstein, Uomini Lupo e tutto il repertorio teratologico della grande cinematografia dell’orrore dei gloriosi anni Trenta. Quando spuntava un Nosferatu o affine, però, cambiavo canale, e lo stesso accadeva con i fumetti, che consumavo in quantità industriale e in regime di grande liberalità, con solo quel tabù lì, le storie di vampiri, vai a sapere il perché. Poi è arrivata la stagione della maturità (si fa per dire), ai mostri ci si credeva molto meno (e il salvifico Fracchia contro Dracula aveva aiutato parecchio a laicizzare timori e tremori), subentravano altre piccole- grandi ossessioni, quelle da letture kafkiane o orwelliane. Allora sotto con la paura di arresti/rapimenti ingiustificati da parte delle forze di polizia (“giuro, agente, non ho fatto niente”), di deportazioni in luoghi sconosciuti, di scambi di identità e di vite sequestrate. “Solo un Ariete come te, spaventato per definizione dall’incertezza, può sviluppare certe preoccupazioni”, mi ha sentenziato un giorno un’amica che poi ho smesso progressivamente di salutare.
21 Gennaio 2021
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