Un Trovatore colloquiale diretto dall’estro magico di Giaroli

Sulle tavole del Comunale è andata in scena, qualche sera fa, l’undicesima edizione carpigiana dell’opera verdiana “Il Trovatore”, un lavoro melodrammatico di grande tradizione e impatto sul pubblico, presente sulle scene locali sin dal 1854, quando ancora a produrre spettacoli  era il glorioso e ahinoi  defunto Teatro Vecchio (o Sala della Spelta o exPalestra Dorando Pietri o exFestival) incastrato nel Palazzo Pio. Ma questa volta, la produzione della corrusca opera del Verdi nazionale ha diversi sapori concettuali che la rendono incredibilmente attuale; nonostante che il fatto sia giuocato nella Spagna quindicesimo secolo, avviata alla definitiva “reconquista” ed unificazione, sono mostrate realtà eticopolitiche che si riscontrano all’oggi: la questione catalana (la guerra civile che ha opposto le case regnanti di CastigliaAragona alla marca di Urgell), l’identificazione del diverso (lo zingaro) visto sotto la luce della positiva ricerca della libertà e, non ultimo, il conflitto assurdo che contrappone non solo due concezioni statutarie presenti su uno stesso territorio ma, biblicamente, la feroce opposizione di due fratelli, sconosciuti fra loro... 

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