Dove finiscono tutti questi medici? I numeri per ragionare in sanità, di Giorgio Verrini

Le soluzioni per salvare il SSN vertono sulle carenze di personale medico e paramedico e quindi tutte convergono sull’aumento del numero dei laureandi in Medicina e sul superamento del blocco all’accesso delle specializzazioni. Ma i numeri ci dicono  altro: l’Italia ha attualmente circa 370mila medici, cioè 6,11 ogni mille abitanti che vuol dire il doppio rispetto alla Francia e al Regno Unito e comunque davanti ad Austria e Germania. Nessuno ha tanti medici come noi ! Lo ha detto il Walter Ricciardi dinnanzi alla Commissione Cultura del Senato pochi giorni fa. (Ricciardi è docente universitario, igenista, ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità ). E’ facile capire dai numeri che aumentare il numero di laureandi non è la soluzione a meno di non voler trasformare l’Italia in un “medicificio” del mondo, come in parte già succede, se consideriamo i tanti che se ne vanno all’estero dopo essere stati formati nel nostro Paese a spese del contribuente e delle famiglie... Tutto questo, ha proseguito Ricciardi, senza parlare della qualità della formazione dei futuri professionisti della salute, che non possono essere formati on line o in megaclassi (magari in qualche cinema stante la non abbondante disponibilità di posti nelle aule delle Università). segue

Ma allora tutti questi medici dove sono? Perché la Sanità pubblica è così in affanno? Perché il 72 per cento dei responder a una indagine del principale sindacato dei camici bianchi (AnaoAssoMed), ha considerato  di lasciare il proprio posto di lavoro nel SSN per trasferirsi all’estero,o andare a lavorare nel privato! Questo per la indisponibiltà dei giovani medici verso specializzazioni come Chirurgia, Anestesia, Medicina d’urgenza considerate troppo usuranti, oppure per la totale indifferenza verso tutte le specialità mediche dei servizi (Microbiologia, Anatomia patologica, Medicina generale): senza i suddetti specialisti sarà presto difficilissimo curare gli Italiani. Tale tendenza va di pari passo con i trend osservati nella corsa e quindi nell’esaurimento dei posti nelle speciatità più spendibili al di fuori del SSN cioè Cardiologia, Dermatologia, Pediatria, Ginecologia, Endocrino, Neurologia e Chirurgia plastica/estetica.

Quindi il problema, molto complesso, si può risolvere con un accesso a numero programmato, basato su dati calcolati in funzione delle necessità assistenziali, su una formazione accademica rigorosa che consenta già agli ultimi anni di specializzazione di entrare nel mondo ospedaliero. Inoltre, occorre introdurre l’obbligo di continuità lavorativa in Italia e nel SSN pubblico  per almeno dieci anni (questo è un mio parere personale). Benché  la professione medica abbia una forte carica vocazionale, occorre analizzare e rimuovere le cause di disagio lavorativo  che sono multifattoriali, non solo economiche. Poiché parliamo di numeri è bene sottolineare che gli stiperndi dei medici italiani, a parità di potere d’acquisto, pur essendo inferiori a quelli dei colleghi dei Paesi dell’Europa occidentale, sono comunque pari a 2.9 volte il salario medio italiano. Diverso il discorso per gli infermieri il cui salario medio non si discosta da quello medio nazionale , che dovrà quindi essere implementato per aumentarne l’attrattiva professionale ed invertire il trend attuale che vede minor partecipanti ai test d’ingresso per la laurea infermieristica di quanto siano i posti disponibili.

Giorgio Verrini, ex medico ospedaliero ora in pensione