Giornata dell'Infermiere: una professione a rischio e da incentivare. Un commento di Giorgio Verrini

In occasione della Giornata dell'Infermiere, celebrata il 12 maggio, riceviamo e pubblicamo questo commento di Giorgio Verrini, medico urologo del Ramazzini, a riposo:

«Il Ministro della Salute Schillaci, in occasione della Giornata dell'Infermiere, ha ringraziato gli infermieri per l’abnegazione, il prezioso lavoro di cura e assistenza agli infermi svolto ogni giorno sia in ospedale che sul territorio. Ha promesso una riforma complessiva della professione infermieristica, elencandone i capisaldi che sono: un aumento di retribuzione per lo straordinario, una indennità per quanti lavorano nel comparto emergenza-urgenza e l’abolizione del vincolo di esclusività per gli infermieri dipendenti. A parte la vaghezza delle proposte, emerge il messaggio chiaro: hai la possibilità di ingrossare la busta paga, ma solo se lavori di più . Per i 260 mila infermieri  ritenuti essenziali per la tenuta del welfare sanitario e chiaro punto di riferimento nei programmi di riordino del SSN ,queste proposte di riforma appaiono insufficienti. segue

«Anche se Florence Nightingale (fondatrice della assistenza infermieristica moderna) la chiamava “ la più bella delle arti belle”, qualche cosa di più concretamente attrattivo bisognerà escogitare per evitare quello che succede in molte Regioni dove gli iscritti ai corsi di laurea delle professioni sanitarie sono ai minimi storici e nel prossimo decennio il numero degli infermieri mancanti al nostro SSN sarà decisamente spaventoso. I rappresentanti degli ordini infermieristici danno un contributo importante nel focalizzare quali sono, al di là di riconoscimenti e promesse, i punti critici che da tempo insistono sulla professione e che ne ostacolano il rilancio. Tutti sono d’accordo nel dire che manca un effettivo riconoscimento delle competenze e delle specializzazioni che caratterizzano i vari setting del lavoro infermieristico che qui non è possibile citare senza dimenticarne alcuni: chi lavora in dialisi, oppure in attività intensiva come nelle rianimazioni, o come ferrista in sala  operatoria, è diventato esperto in anni di lavoro dedicato e non può semplicemente essere sostituito da altri infermieri generici perché svolge attività tecnicamente molto complesse. Chi ha queste caratteristiche non riceve particolari riconoscimenti, né economici né di carriera: eppure è indispensabile per assicurare leffettiva attività nelle 24 ore e nei festivi dei settori strategici dell'assistenza sanitaria. Tener conto delle competenze, unitamente a un loro riconoscimento economico è decisivo per rendere la professione di infermiere più attrattiva in questo nostro Paese.

«Ma in Italia esiste la Legge 43 del 2006 (probabilmente la più chiara e avanzata del settore) che prevede quattro livelli di inquadramento a seconda del titolo di studio (laurea infermieristica triennale, master funzionale per i coordinatori, master di specialità, eccetera) e della specializzazione acquisita “sul campo”. Manca però ad oggi  una conseguente applicazione contrattuale/economica. Questa Legge 43 vale per tutto il comparto sanitario ma in questi 17 anni è stata applicata in modo altalenante o proprio dimenticata. Forse perché è prevalso il messaggio sicuramente poco seducente dell'“uno vale uno” e sia gli operatori sanitari che i pazienti sanno bene quanto questo sia sbagliatissimo».