Nuovo ospedale? Ma il futuro della sanità è il presidio del territorio, l'Opinione di Giorgio Verrini

La domanda ricorrente in questi mesi è dove si farà, quando si farà e come si farà il nuovo ospedale dopo gli annunci fatti dal sindaco Bellelli e dall’assessore regionale alla Sanità, Venturi, che sono in arrivo oltre 60 milioni di euro destinati appunto alla sostituzione del vecchio “Ramazzini” costruito nel 1920 e che, nonostante i ripetuti interventi di ammodernamento tecnico e strutturale, proprio non ce la fa più. Domande lecite e facili, risposte difficili ma sopratutto premature in quanto necessitano prima di tutto una collocazione temporale di quella che sarà la Sanità locale nei prossimi 40-50 anni. In altre parole bisogna progettare un ospedale che risponda alle esigenze e criticità della società di domani, dove gli anziani saranno più di oggi, con maggior frequenza di patologie internistiche (oncologiche, neurologiche degenerative), meno possibilità di assistenza parentale (già adesso famiglie con massimo uno o due figli), minori risorse e maggior competizione tecnica ed economica con strutture private. Realizzare le promesse (che sono sempre gratuite) in questo caso costa caro e per questo s’impone una attenta riflessione su dove andrà a finire la parabola del Servizio sanitario nazionale iniziata a cavallo dei primi anni Settanta, in pieno boom economico e che ora viaggia in un contesto economico e sociale molto diverso. Una necessaria operazione culturale (che vuol dire anche disamina storica) va fatta prima di prendere delle decisioni e per meglio inquadrare quello che sarà la Sanità nei nostri territori, dove, sono sicuro, l’ospedale sarà una componente importante, ma ancor di più lo sarà il Distretto.

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