L'opinione di Ruggero Alberto Consarino, cittadino e medico

Nuovo ospedale sì ma dopo una riforma della sanità territoriale

Tutti concordano sulla necessità di un nuovo ospedale; anch’io. Ne parlano davvero tutti, spesso senza competenze, collocandolo poi in luoghi diversi, anzi la collocazione sembra essere il tema più dibattuto; pochi, a parte l’amico e collega Verrini, non a caso, provano a ripensare l’ospedale, comprendendo la necessità di una rivoluzione culturale che ne possa determinare una riqualificazione sociale al passo coi tempi che stiamo vivendo e ne preveda una ulteriore successiva evoluzione. Un ospedale, aggiungo io, molto più contenuto di quanto si creda ma che sia parte della complessità della medicina e della sanità, che svolga ruoli cruciali nell’articolazione del nostro sistema. È vero allora che se abbiamo bisogno di un ospedale nuovo si possa ambire a realizzare finalmente l’universalità, l’equità, l’efficienza e che soprattutto si riconosca nel paziente il nucleo centrale del processo di cura. Un ospedale calato nel territorio e nella comunità, insistendo su un rinnovo degli elementi organizzativi e strutturali di entrambi. L’Ospedale come un nodo della rete di un breve segmento del percorso assistenziale, ma certamente efficace, con un impegno di tecnologie, di complessità e intensità di cure e ovviamente di costi necessari. Ricoveri ospedalieri limitati alle fasi iniziali di diagnosi e terapia, giusto legati alla stabilizzazione di episodi gravi. Che rimandi per l’alta complessità a strutture provinciali più referenziate, a garanzia del paziente. Ma per arrivare a questo sul territorio devono rendersi operative strutture ambulatoriali primarie dedicate alla bassa intensità di cura e dei follow-up; si provi allora, ancor prima dell’ospedale, a insistere con forza su una riorganizzazione di questa sanità territoriale con l’obiettivo di una trasformazione strutturale della Medicina Generale per la sua integrazione con gli altri livelli del comparto e che vada dalla prevenzione alla diagnosi e cura degli acuti, fino alla continuità assistenziale per i pazienti con malattie croniche o non autosufficienti. 

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