Settegiorni, su Voce digitale del 22 settembre

Dice il regista Ken Loach in un suo messaggio: “La sinistra perde perché ha smesso di rappresentare i lavoratori”. E se fosse che racchiudere in uno stesso perimetro i “lavoratori” si fa molta più fatica che nei suoi film, dove "padroni” e "operai”, "oppressi” e "oppressori”, “sfruttati” e “sfruttatori” in una parola “bianco” e “nero” senza le mezze tinte si stagliano netti e molto meglio definiti che nella realtà? Magari qualche ragguaglio in proposito servirebbe a Enrico Letta che solo perché proviene da tutt'altra storia non si cruccia più di tanto della perduta identità del Pd, come accade invece a qualcuno che era comunista.

A proposito del Segretario del Pd. Ora che i giochi sono chiusi, vale la pena soffermarsi sul cosiddetto “effetto carrozzone”. Anche se potrebbe farlo pensare, non si tratta del carro del vincitore ma, dicono gli esperti di psicologia di massa, della tendenza degli indecisi ad accodarsi all'umore prevalente, a votare all'ultimo momento per quello che sembra il moto trainante e la personalità sulla cresta dell'onda. In un recente talk show, la biologa Barbara Gallavotti aveva appena finito di spiegare il fenomeno, quando, intervistato, Enrico Letta ha parlato per dieci minuti di Giorgia Meloni.

 

A proposito della quale, sempre che le previsioni vengano rispettate e che non ci ritroviamo di nuovo nel pantano delle ammucchiate forzose, staremo a vedere quante svolte moderate dovrà effettuare da eventuale premier. Quando si passa dall'opposizione gridata al realismo governativo, in genere i duri e puri vengono fatti fuori. Si chiamano “notti dei lunghi coltelli”.