Settegiorni del 18 luglio

Niente come l’andamento delle canzoni può dare il senso della fine del mondo. Si prenda l’altra sera all’Arena di Verona: c’erano adolescenti urlanti a bearsi di Albano e Romina, Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi. E avranno pure i loro Sfera Ebbasta e Mahmoud, ma ai teen ager piacciono eccome Battisti e Dalla, Springsteen e David Bowie. Per dire, insomma, che quanti, in quelle note, hanno intinto la propria giovinezza, potrebbero pensare che non ci sarà più nulla nella musica che eguagli i Beatles e i Rolling Stones, Dylan e i Clash o Lou Reed o i nostri Celentano, De Andrè, Patty Pravo, Morandi, Baglioni... Da qui l’idea di una sorta di fine del mondo, di un consolatorio “dopo di me il nulla”. Poi, basta vedere una bimbetta di sei mesi, scalza e le braccine cicciotte, muoversi a scatti nel passeggino come fanno loro, e osservarti come tu fossi un marziano, per capire che il mondo, bene o male, andrà avanti anche senza di te. E ci saranno milioni di loro a popolarlo, a combattervi le rispettive esistenze. E ad ascoltare tutt’altre musiche. Ma sempre con i Pooh.

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