Meraviglie del linguaggio. Non avevamo mai sentito un assessore, in questo caso donna, insistere ripetutamente, per dire “politica”, con il termine inglese policy (il massimo della raffinatezza è di quelli che lo declinano in policies, al plurale, scordando che in un contesto italiano le parole straniere restano invariate). Dev'essere un effetto della lunga frequentazione di esperti docenti e studiosi avvezzi a tripudi di stakeholder, high skilled jobs e less skilled jobs, disembedding, civic creativity, empowerment... Ma a loro si può perdonare: gli specialisti, per intendersi, ricorrono da sempre ai gerghi. I politici debbono invece parlare con tutti: e non li rende più intelligenti se si trasformano in politician. E che dire nel veder definiti dalla medesima amministratrice i partecipanti a un audit (che sta per “seduta di valutazione”, ancor più che di “audizione”) in “auditi” anziché “ascoltati”? Il paradosso è che “audito”, da termine alla moda, in tutti i principali vocabolari diventa l'arcaico italiano di "udito”. C'è qualche cosa di inaudito, in tutto questo.
29 Gennaio 2021
Settegiorni del 29 gennaio
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