Che cosa c’è di strano, se Matteo Salvini si prostra a Donald Trump, a Washington, il premier Conte partecipa alla cena della Fondazione Italia-Cina e una delegazione parlamentare va a Mosca guidata dal presidente pentastellato della Commissione esteri del Senato, noto ammiratore di Putin? A Carpi dovremmo essere gli ultimi a meravigliarci, discendendo da un Principe che era un noto trasmigratore tra fronti opposti e un creativo in fatto di alleanze. Lo stesso si può dire della zigzagante tradizione italiana in fatto di politica estera, un po’ filo araba e un po’ filoisraeliana, un po’ con i sovietici e un po’ con gli americani, un po’ terzomondista e un po’ con la Nato. Solo che qui ci si sono messi in tre, mentre ai tempi bastava Giulio Andreotti.
19 Giugno 2019
Settegiorni, rubrica su Voce del 20 giugno 2019
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