Settegiorni, rubrica su Voce del 20 giugno 2019

Che cosa c’è di strano, se Matteo Salvini si  prostra a Donald Trump, a Washington, il premier  Conte partecipa alla cena della Fondazione  Italia-Cina e una delegazione parlamentare va a  Mosca guidata dal presidente pentastellato della  Commissione esteri del Senato, noto ammiratore  di Putin? A Carpi dovremmo essere gli ultimi a  meravigliarci, discendendo da un Principe che era  un noto trasmigratore tra fronti opposti e un creativo  in fatto di alleanze. Lo stesso si può dire della  zigzagante tradizione italiana in fatto di politica  estera, un po’ filo araba e un po’ filoisraeliana, un  po’ con i sovietici e un po’ con gli americani, un po’  terzomondista e un po’ con la Nato. Solo che qui ci  si sono messi in tre, mentre ai tempi bastava Giulio  Andreotti.  

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