Settegiorni, su Voce del 23 gennaio

L’anno era il 2007 e c’era molto entusiasmo intorno alla nascita del Pd. Tant’è che un militante paleocomunista un tantino frastornato dopo essere transitato attraverso Pds, Ds, Ulivi e Unioni, appese alla vetrina della sezione di via Pascoli un cartello che aveva un che di liberatorio: “Venite nel Pd: il nuovo modo di fare politica”. Di nuovo non ci fu proprio niente, né nelle facce né in una prassi per la quale i rapporti di forza rimasero cristallizzati nelle cornici post comunista e post margheritina a guardarsi sospettose o a mescolarsi ambiguamente nel segno esclusivo del potere. Tant’è che lo stesso militante lamentava immalinconito qualche mese dopo che in sezione non entrava più nessuno. Il ricordo lo stimola l’idea di un Pd che il segretario Nicola Zingaretti si accingerebbe a sciogliere dopo il voto emiliano. Perché c’è scioglimento e scioglimento. Se si trattasse, per esempio, di far sedere al tavolo di una Segreteria talquale anche qualche giovane sardina o esponente di associazioni e mondi del volontariato sociale, la storia si ripeterebbe. A smorzare l’entusiasmo anche del più convinto militante. 

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