Settegiorni, su Voce digitale del 20 gennaio

Prima un giornata grigia, ma asciutta e poi una bella giornata di sole si sono dischiuse sui 61 mezzi spazzaneve mobilitati e sulle settecento tonnellate di sale stoccate dal    Comune di Carpi in previsione della nevicata del 19 gennaio: non ci si prende mai, con le previsioni del meteo e magari saremo smentiti subito dopo la chiusura di questo numero.   

Sull’estensione della Ztl ognuno continua per la propria strada: l’Amministrazione comunale la promette per la prossima estate, anche se non è ben chiaro se sia stata modificata e come; e il comitato del No la respinge oggi come ieri. E le associazioni di categoria? Sempre in bilico, in un difficile equilibrio tra le ragioni comunali e le pressioni dei propri iscritti. Un po’ di qua e un po’ di là, insomma: solo i leader riescono a trascinare le proprie schiere anche verso traguardi a loro poco graditi. 

Quando si parla, come in questi giorni, del welfare mafioso che vede e provvede; e della borghesia mafiosa fiancheggiatrice e socia in affari, che cosa si intravede se non una vera e propria società, unita da un senso di appartenenza e da regole che vengono da lontano, dal latifondo di prima e dopo l’Unità, dai vincoli innanzitutto personali e familiari, sui quali la legge dello Stato scivola via, estranea e lontana? E’ per questo che nel diluvio di parole abbattutosi in questi giorni sulla cattura di Matteo Messina    Denaro, due affermazioni colpivano in particolare. La prima, dell’antico giornalista dell’Unità, Saverio Lodato: “La mafia in Sicilia è come l’aria: per alcuni puzza, ma altri la respirano”. La seconda di un anziano di Campobello di Mazara che ha mandato su tutte le furie l’intervistatore, ma che, nella seconda parte contiene un briciolo di inquietante verità: “Un errore arrestare il boss, ci hanno mangiato tutti per trent’anni”.