Cadono parecchi anniversari in questo scorcio del 2023. Fino a indurre agli scongiuri per la presentazione dell’avvio del primo corso di laurea mai ospitato da Carpi proprio il giorno 8 settembre, a ottant’anni esatti dalla data più catastrofica della storia d’Italia. Lo scriviamo perché non siamo superstiziosi. Cinquant’anni fa, di questi tempi, la catastrofe riguardò invece il Cile e vale la pena ricordare, anche a prescindere dagli Inti Illimani, quanto quella tragedia di popolo abbia lasciato un segno anche in tanta gioventù italiana.
Settegiorni, su Voce digitale dell'8 settembre
Destino amaro quello delle Province. Soppresse nel 2014 dal governo di centrosinistra di Renzi sull’onda di un fervore populista e anticasta per la loro presunta inutilità pari solo ai loro costi, hanno cominciato a essere rimpiante perché si fa sentire l’assenza di quel livello intermedio tra Comuni e Regione, che le Unioni non riescono ancora a rappresentare, quanto meno finché non avranno l’autorità che deriva dall’essere espresse da un voto. Subito, però, è arrivata la mannaia del governo Meloni: non abbiamo bisogno di altri spendifici, è stato detto. Le Province, insomma, non piacciono né a sinistra né a destra: la sola speranza, per loro, è il centro, dove però è andato a piazzarsi il loro primo soppressore.
Venendo a Carpi, si vorrebbe dire al giovane nazionale che alza i toni appena si verifichi un episodio di nera (l’ultimo è stato l’accoltellamento in via Graziosi) per tracciare il quadro di una città violenta, insicura e in preda alle bande giovanili e rissaiole, che ci è mancata la sua voce nei tanti mesi in cui non è accaduto nulla. Certo, è più difficile finire sui giornali, quando capiti di dire, come le guardie notturne del primo Ottocento, “E’ mezzanotte e tutto va bene”.
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