Il carburante del rally

Le quotazioni di azioni, obbligazioni, oro e altri beni rifugio sono tutte sui livelli massimi. Un tempo l’andamento di questi asset era decorrelato, ora van tutti nella stessa direzione. Attenzione, perché quando il ciclo si invertirà, potrebbero andare tutti ugualmente al ribasso. Gli analisti si sforzano di giustificare questa anomalia attribuendo il rally azionario alla novità dell’intelligenza artificiale, che ha spinto alle stelle i titoli tecnologici, mentre spiegano le elevate quotazioni delle obbligazioni con l’attesa del taglio dei tassi e il record del prezzo dell’oro, bene rifugio per eccellenza, con l’inflazione e i venti di guerra. In effetti, tutte spiegazioni razionali e non lontane dal vero, tuttavia il vero motore degli acquisti è l’abbondante liquidità ancora in circolazione nonostante tutte le manovre restrittive attuate dalle banche centrali. Come la storia e l’esperienza insegnano, i ribassi avvengono quando non c’è più carburante. Allora, e solo allora, entrano in scena i ribassisti che, senza rischiare troppo, riportano le quotazioni alla realtà. È sempre accaduto così, solo che non si sa quando accadrà di nuovo. Nel frattempo il mondo è seduto su una polveriera, costituita da una montagna di debiti, anche questi a livelli record. L’America poi sta viaggiando a velocità supersonica, ovvero al ritmo di 1.000 miliardi di dollari di nuovo debito pubblico ogni cento giorni (non oso pensare al debito dei privati…), in un contesto che vede la Cina e il Giappone, per motivi diversi, ridurre progressivamente la quantità di Treasury detenuti in portafoglio.

La Cina peraltro, alle prese con la bolla immobiliare del secolo, sta intervenendo direttamente sul mercato azionario (come già ha fatto il Giappone) sostenendo quindi artificialmente le quotazioni. E in Italia? Siamo fortunati che la campagna acquisti promossa dal ministro Giorgetti ha funzionato e il debito della Repubblica progressivamente sta tornando in mano agli investitori domestici. Ne ha tratto giovamento lo spread, a livelli ormai fisiologici, quasi come ai tempi dell’insediamento del governo Draghi. Tuttavia il rapporto debito-Pil resta elevato: quello complessivo (Stato, famiglie e imprese) è al 284 per cento (5mila 900 miliardi di euro), così suddiviso: Stato, 133,9 per cento; imprese, 64,2; banche, 47,1; famiglie, 38,9 (al minimo da 16 anni a questa parte). Insomma se la baracca regge, lo si deve alla capacità di risparmio degli Italiani, ma questa non è una novità. Al rally borsistico contribuiscono anche i profitti di guerra: Leonardo (che produce armamenti) infatti ha raddoppiato i guadagni. Come ci insegna un classico film di Alberto Sordi, “Fin che c’è guerra c’è speranza”. Sempre che non si tiri troppo la corda e si finisca con una distruzione totale. È il rischio che stiamo correndo per la bellicosità di Macron, che si sente novello Napoleon e, forte della force de frappe (nucleare) vuole entrare in guerra direttamente con la Russia. Peraltro anche la Nato, sia pure non ufficialmente, con armamenti e uomini, è già sul terreno in Ucraina (i Russi lo sanno ma fanno finta di niente, per non alzare il livello dello scontro). Come diceva il filosofo, la storia si ripete, la prima volta come tragedia e la seconda come farsa. Già, ma la terza volta? Mi pare però che, storicamente, finora tutti gli attacchi alla Russia si siano risolti ugualmente in tragedia, dal tempo dei Cavalieri Teutonici sconfitti da Alexander Nevskij, a Napoleone, a Hitler. Macron vorrà davvero iscriversi in questa sorta di albo d’oro degli sconfitti? Già, perché in effetti sul campo vittorie non se ne vedono e allora si punta tutto sulla propaganda arrivando a definire una farsa le elezioni che si sono tenute regolarmente in Russia, mentre il campione della democrazia e della libertà, Zelensky, con la scusa dello stato di guerra, impedisce agli Ucraini di andare al voto poiché teme il giudizio degli elettori. E l’Occidente intero si sta svenando per reggere la coda a questo bel soggetto, perennemente alla ricerca di aiuti economici e militari. Usque tandem? Nessuno dà retta al Papa, che, sulla questione della pace, pare l’unico essere raziocinante e solo per aver osato proporre una tregua è stato accusato di essere filorusso. Perbacco, una tregua significherebbe uno stop al consumo di armi e allora addio guadagni per l’industria bellica.